Il Rassemblement National si comporta già da padrone, come se avesse la vittoria in tasca. Ieri sera era previsto il terzo dibattito tv delle legislative, su BfmTv, dopo i primi due, su Tf1 e France2 prima del primo turno. Ma Jordan Bardella ha rifiutato di dibattere con Marine Tondellier, la segretaria di Europa Ecologia. Troppo poco importante, secondo il candidato alla carica di primo ministro dell’estrema destra. Oltre a Gabriel Attal per l’area Macron, Bardella ha preteso di avere Jean-Luc Mélenchon per il Nuovo Fronte Popolare, più famoso, anche più controverso ma non candidato (il Nfp non ha designato un primo ministro potenziale). Il direttore di Bfm, Marc-Olivier Fogiel, si è precipitato a scusarsi con Bardella: «Non avevamo mai pensato di invitare Tondellier», ha balbettato.

I PATTI, PERÒ, erano chiari dall’inizio della campagna: il Nfp, che è composto da quattro partiti, aveva deciso una sequenza di personalità presenti ai dibattiti, dopo Manuel Bompard della France Insoumise e Olivier Faure del Ps, per il terzo era prevista Marine Tondellier (e per un quarto, un comunista), ma la segretaria dei Verdi ha molti difetti agli occhi di Bardella: è consigliera al comune di Hénin-Beaumont, feudo di Marine Le Pen, dove è sindaco lo storico esponente storico del Front National Steeve Briois e lì sta facendo un’opposizione efficace. Finora i dibattiti sono stati tra uomini, una donna disturba? Quello che si può rilevare, comunque, è che i candidati del Rassemblement National non amano i dibattiti con gli oppositori: nelle regioni 23 candidati hanno rifiutato gli inviti della rete locale pubblica France Bleu.

INTANTO VENGONO fuori delle personalità inquietanti e controverse tra i candidati di estrema destra. Una si è fatta fotografare con il berretto nazi, un’altra con la croce celtica, ci sono dichiarazioni razziste, uno si è ritirato in tutta fretta perché sotto tutela, una promette «se sarò eletta non farò più battute razziste», un altro sostiene che «i maghrebini sono arrivati al potere nel 2016 e non è il loro posto». Bardella minimizza – «succede» – e fa prova di autorità: «Mi occupo delle pecore nere senza tremare». Questa sequenza mette in evidenza la mancanza di competenze al Rn, che ha pescato qui e là (anche tra gli eurodeputati) i candidati mostrando un vero disprezzo per il funzionamento della democrazia.

Per il Rn, in prospettiva, c’è il processo a 26 dirigenti, Marine Le Pen compresa (ma il padre Jean-Marie sarà assente in aula perché troppo anziano), per abusi sull’utilizzazione di fondi europei dal 2004 al 2016, soldi di Bruxelles usati per gli interessi del partito.

NEL FRATTEMPO PROSEGUE la discussione sul dopo 7 luglio. Grazie alle numerose desistenze – ci saranno 405 duelli e 94 triangolari – la maggioranza assoluta del Rn potrebbe allontanarsi se gli elettori seguiranno le indicazioni dei partiti. Gabriel Attal ha ripetuto ieri l’appello per il secondo turno a un voto contro il Rn, anche a favore di Lfi. Ha precisato: Lfi non ha nessuna possibilità di ottenere la maggioranza, oggi il problema centrale è battere l’estrema destra. Per Emmanuel Macron, in Consiglio dei ministri, la desistenza non significa che ci sarà un governo con Lfi.

La discussione è su un progetto alternativo di «grande coalizione» se Rn non avrà la maggioranza assoluta e neppure una maggioranza relativa che potrebbe trovare supporto tra deputati della destra Lr. Ensemble, la coalizione dell’area Macron, esclude un campo allargato a Lfi, che del resto ha già chiarito di non voler partecipare a un eventuale governo con i macronisti. Marine Tondellier sostiene che «bisognerà certamente fare cose che nessuno ha mai fatto in questo paese» e precisa l’ipotesi di una coalizione «attorno alla formazione arrivata in testa», ovvero il Nuovo Fronte Popolare. Nei Verdi, però, non c’è accordo: Sandrine Rousseau, eletta al primo turno, sostiene che un accordo «con Macron e la destra sarebbe un errore».

SOSTEGNO DALLA RUSSIA per il Rn, pensando all’Ucraina: per il ministero degli Esteri del Cremlino, «il popolo francese chiede una politica estera sovrana che serva gli interessi nazionali», in «rottura con i diktat di Washington e Bruxelles» e prevede «una mutazione profonda» della posizione della Francia.