Lavoro

Già 5mila licenziati nei centri per l’immigrazione

Già 5mila licenziati nei centri per l’immigrazioneMigranti nel Cara di Castelnuovo di Porto (Roma)

Decreto Salvini Denuncia della Fp Cgil. A rischio il 40% dei lavoratori: 18mila su 40. Spariscono insegnanti di italiano e infermieri

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 7 aprile 2019

A casa i migranti, a casa i rom – ma quale casa? – a casa chi li accoglie. Tra gli operatori nei servizi per l’immigrazione grazie al decreto Salvini ci sono già 5mila persone sottoposte a procedure di licenziamento collettivo e mobilità. Lo denuncia la Funzione Pubblica Cgil in un report aggiornato. Si tratta di figure professionali molto variegate che vanno da professionisti come psicologi, medici a operatori sociali e mediatori culturali fino al personale amministrativo delle cooperative che avevano in appalto le strutture per l’accoglienza. Nel settore lavorano circa 40mila persone in Italia di cui l’80 per cento circa nei centri di primo livello – Cas, Cara – e il 20 per cento circa in quelli di secondo livello – Sprar.

EBBENE, IL DECRETO SALVINI ha già tagliato completamente alcune figure professionali: «Gli infermieri e gli insegnanti di lingua italiana non sono più previsti», denuncia Stefano Sabato, responsabile nazionale cooperative sociali della Fp Cgil. In più il decreto del ministro degli Interni ha ridotto drasticamente il numero di ore di lavoro di tutte le altre figure destinate ai servizi per l’immigrazione.

NEL FARE UN BILANCIO A 6 MESI dall’entrata in vigore la Fp Cgil conferma che il 40% dei circa 40 mila addetti, impegnati tra Cara, Cas e Sprar, rischia il posto di lavoro: saranno 18 mila i dipendenti dei servizi interessati da procedure di esubero. Molti dei quali sotto i 35 anni di età.

I tempi saranno stretti perché se già molte prefetture – sotto la pressione del ministero degli Interni – hanno già introdotto le nuove disposizioni. «Alcune prefetture, come Frosinone, Como, Cagliari e Milano sono state velocissime, ma entro l’estate tutte le prefetture appronteranno i nuovi bandi previsti entro la fine del 2019 – spiega Sabato – gli affidamenti in essere non possono essere modificati ma molte cooperative hanno già deciso di ridurre il numero di ospiti per prepararsi ai tagli».

FRA I 5MILA LICENZIAMENTI già in corso ci sono realtà grandi come l’Auxilium, a Castelnuovo di Porto, in provincia di Roma, con 194 esuberi o Medihospes, che ha avviato 350 esuberi in 12 delle regioni o come il Progetto Arca e i 118 esuberi annunciati tra Milano, Varese e Lecco. Ci sono poi tante medio-piccole realtà che vivono le stesse condizioni», fa sapere la Fp Cgil. Secondo le stime del sindacato il rapporto tra numero di operatori e numero di ospiti varierà, passando da quello 1 a 3 del decreto Minniti, ad un rapporto 1 a 8, con quello Salvini. Numeri che sono il risultato del taglio sulla spesa destinata ai servizi passato da 35 euro lordi per ospite al giorno a circa 21 euro lordi.

PRENDENDO, AD ESEMPIO, un centro di accoglienza di medie dimensioni (adatto ad ospitare dai 151 ai 300 ospiti) diminuisce da 8 a 2 il numero di operatori diurni, e da 3 a 1 quelli notturni. In più ora è prevista una presenza di infermieri di sole 6 ore al giorno rispetto alle 24 di prima. I medici invece passano dalle 24 ore al giorno a 24 a settimana, gli assistenti sociali dalle 36 ore a settimana alle 20 e i mediatori linguistici addirittura da 108 ore a settimana a sole 24. Del tutto abolite le ore dedicate all’insegnamento della lingua e al sostegno. Una riduzione dei servizi di un quarto, nei casi più fortunati.

UNA SITUAZIONE DISPERATA per il settore che porta l’Fp Cgil a preparare una mobilitazione per strappare almeno ammortizzatori sociali per dare un orizzonte di ricollocazione a tutti questi lavoratori che diversamente avranno solo pochi mesi di Naspi». Un minimo di sostegno dovrebbe arrivare per i lavoratori dell’Auxilium di Castlnuovo di Porto: dopo il presidio e la richiesta dei sindacati, i ministeri dello Sviluppo e Lavoro hanno dato una interpretazione estensiva della norma sul Fis, il fondo di integrazione salariale, l’ammortizzatore – molto meno alto e duraturo della Cassa integrazione – che non potrebbe essere usato in casi di strutture in chiusura. La Fp chiede che sia estesa a tutte le coop la cassa integrazione insieme a «misure di sostegno e la ridefinizione dell’intero sistema immigrazione».

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