Fino a ieri bastava accostare i due termini per far venire i brividi freddi non solo agli studiosi del Novecento: «Germania» e «potenza militare» vuol dire storicamente una sciagura per l’Europa, costretta a risorgere per ben due volte per colpa del Reich di turno.
Come era da incubo l’idea di «dare un ruolo centrale alle forze armate» di Berlino: tabù rispettato da tutti i cancellieri dal 1949 fino ad Angela Merkel che non solo aveva detto “Nein” all’intervento tedesco in Iraq ma aveva anche ridotto la Bundeswehr al di sotto della minima capacità operativa della Nato, come sa bene la sua ex ministra della Difesa, Ursula von der Leyen.
PER RIMETTERE i cingoli alla Locomotiva d’Europa ci è voluta la guerra in Ucraina, cioè il governo Scholz determinato a «svolgere un ruolo di primo piano a livello globale» nell’era in cui il made in Germany non tira più come prima (ieri l’Ifo – l’indice sulla fiducia delle aziende – ha certificato la recessione già il prossimo inverno) e l’energia è un bene da conquistare oltre la piazza finanziaria.
«Le dimensioni della Germania, la sua posizione geografica, il suo potere economico – in breve, il suo peso – la rendono una potenza-leader, che lo si voglia o no. Anche dal punto di vista militare. Non dobbiamo avere paura di questa responsabilità» riassume la ministra della Difesa, Christine Lambrecht (Spd), pronta a «togliere il peso agli Usa, finora garanti della sicurezza europea ma oggi costretti a distogliere risorse per il Pacifico».

Non più solo a parole: la nuova Germania in versione gendarme dell’Ue è prevista nella “Strategia di sicurezza nazionale”: un piano inedito nel Paese la cui sovranità per decenni è stata limitata da Usa e Urss.
Definisce le linee-guida del governo Scholz per «affrontare le sfide della sicurezza globale in modo credibile», ovvero mostrando le armi non più solo a difesa dei confini nazionali. Il primo passo è proprio la dichiarazione di potenza della ministra Lambrecht scandita ieri dal palco della “Gesellschaft für Auswärtige Politik” (think-tank geopolitico fondato nel 1955) alla presenza dell’ispettore generale della Bundeswehr, Eberhard Zorn.
SUL TAVOLO della Difesa tedesca, esattamente le «implicazioni del cambiamento dei tempi» che non sono più quelli del gas russo a basso costo né del commercio globale cucito su misura dei campioni dell’industria nazionale.
E la causa innescante è ufficialmente la guerra in Ucraina, come ammettono al ministero della Difesa: «L’invasione militare russa e le relative conseguenze per la sicurezza in Europa sottolineano l’importanza di una strategia di sicurezza nazionale.

LA GERMANIA e i suoi alleati hanno già risposto alla minaccia rafforzando militarmente il fianco orientale della Nato, mentre l’alleanza ha appena adottato il nuovo concetto strategico al vertice di Madrid. Inoltre l’Ue si è dotata di una bussola strategica per orientare la Politica di Sicurezza e Difesa Comune».
Insomma un po’ “ce lo chiede l’Europa” e un po’ “ce lo chiedono gli Usa”, è la sintesi della ministra Spd che rassicura il governo Biden promettendo di raggiungere prima possibile la soglia del 2% del Pil in spese militari e soprattutto di mantenerlo anche dopo l’esaurimento dei 100 miliardi di euro stanziati dalla Coalizione Semaforo per riammodernare la Bundeswehr.
«LA GUERRA in Ucraina ha dimostrato anche a noi tedeschi amanti della pace che per difendersi da un nemico che uccide, distrugge e provoca sfollamenti forzati c’è bisogno delle forze armate come ultima risorsa. Per questo dobbiamo spendere soldi senza se e senza ma, e ne abbiamo bisogno nel lungo periodo per non vanificare lo sforzo fatto ora» è la giustificazione pubblica di Lambrecht.