Non è per niente passeggera, come tranquillizzavano all’Eurotower nel pieno dell’emergenza pandemia, e resta la principale ossessione di chiunque governi a Berlino, fin dai tempi della Repubblica di Weimar. L’inflazione in Germania a maggio ha raggiunto la stratosferica quota del 7,9% e continua a galoppare pericolosamente verso il limite della sostenibilità per la prima economia dell’Europa. Colpa anzitutto della guerra in Ucraina che ha fatto schizzare alle stelle il prezzo di gas, gasolio e benzina: tre voci che da sole rappresentano oltre un terzo del paniere preso a campione dall’istituto federale di Statistica. Mentre a Berlino rimbalza l’eco dell’ultimo avvertimento della presidente della Bce Lagarde, decisa ad anticipare lo stop al maxi-acquisto di titoli di Stato al 1 luglio provocando «entro breve» la crescita dei tassi di interesse.

Troppa domanda e troppo poca offerta, è il problema di base secondo gli economisti di Berlino, in attesa di verificare se e in che misura inciderà il pacchetto di aiuti pubblici appena stanziato dalla coalizione Semaforo: dal taglio delle accise sul carburante all’abbonamento ferroviario a 9 euro al mese ratificato ieri anche dal Bundesrat. Nel frattempo, da Amburgo a Monaco, rincarano tutti i beni e ancora più i servizi, con i salari che fino al prossimo 1 ottobre (data di entrata in vigore del salario minimo di 12 euro l’ora) rimarranno esattamente quelli di prima.

«In questo momento l’inflazione è la più grande minaccia allo sviluppo economico e alla pace sociale del nostro Paese» riassume con tono più che allarmato il ministro delle Finanze, Christian Lindner (Fdp), che precisa: «La lotta contro l’aumento dei prezzi deve diventare la priorità della Germania».