Confindustria ingoia il «rospo» dei metalmeccanici. Ci sono volute quasi 12 ore di trattative più che serrate ma alla fine il sindacato Ig-Metall e l’associazione dei datori di lavoro Gesamtmetall hanno chiuso l’accordo-quadro sul nuovo contratto dei metalmeccanici.

Per 3,9 milioni di tute blu significa aumento dell’8,5% della busta-paga oltre al bonus una tantum di 3.000 euro per contrastare gli effetti dell’inflazione che in Germania viaggia ormai ben oltre la doppia cifra. Per gli industriali, invece, la firma si traduce in un «patto doloroso ma necessario» come riassume il capo-negoziatore che ha difeso gli interessi dei colossi dell’automotive.

Conti alla mano, nel complesso saranno circa 8.500 euro aggiuntivi rispetto agli attuali salari, proprio come chiedeva Ig-Metall all’inizio della vertenza-pilota che ha formalmente riguardato il Baden-Württemberg (dove hanno sede i colossi Mercedes e Porsche) ma prefigura l’adozione a livello nazionale.

«Più soldi in tasca e in modo permanente» è il risultato rivendicato da Jörg Hofmann, presidente di Ig-Metall, prima di dettagliare la progressione dell’accordo collettivo in vigore fino al 2026: il salario dei metalmeccanici crescerà del 5,2% il prossimo anno e del 3,3% nei dodici mesi successivi, mentre il bonus-anticrisi verrà versato in due rate da 1.500 euro, rispettivamente a febbraio 2023 e a febbraio 2024.

«In un momento difficile, con accesi dibattiti e scontri frontali con la controparte, abbiamo portato a casa un buon contratto» tiene a precisare Roman Zitzelsberger, leader di Ig-Metall a Stoccarda.

La prova del nove è il mal di pancia di Gesamtmetall, costretta a sottoscrivere l’aumento che aveva provato a bloccare per settimane, prima che gli scioperi di avvertimento rischiassero davvero di paralizzare il comparto dell’automotive, cuore pulsante del made in Germany. Ieri nelle catene di montaggio è rientrato lo «sciopero di avvertimento» di Ig-Metall che avrebbe mobilitato oltre 900 mila lavoratori.

«Abbiamo dovuto ingoiare un rospo, anzi due, però anche il sindacato è sceso a compromessi» confessa Harald Marquardt, a capo della delegazione degli industriali, dopo avere stretto la mano di Hofmann. Ha perso il braccio di ferro imbastito nel nome degli «insostenibili costi dell’energia che non lasciano spazi ad aumenti», accettando un «contratto doloroso e appena sopportabile per la maggior parte delle imprese», sempre per dirla con le sue inequivocabili parole.

Sotto il profilo delle trattative l’associazione dei datori di lavoro incassa soltanto il differimento del bonus da parte delle aziende (potranno spalmarlo su due bilanci annuali anziché uno), anche se Marquardt potrà sempre vantare di aver evitato l’“inverno caldo” negli stabilimenti tedeschi minacciato da Ig-Metall.

«Siamo riusciti ad alleggerire sensibilmente l’onere per i lavoratori stabilizzando a lungo termine il loro reddito e rafforzando il loro potere d’acquisto. Il nuovo contratto collettivo, dunque, sostiene dunque l’economia della Germania» sottolinea ineccepibilmente Hofmann.

Ed è una rivendicazione politica: il leader di Ig-Metall (che rappresenta oltre 2 milioni 215 mila iscritti) ribadisce lo storico ruolo di cogestione dell’industria nazionale del sindacato. Mentre si prepara ad estendere l’accordo del Baden-Württemberg alla confinante Baviera, altro Land fondamentale per l’automotive (Bmw e Audi), come ricorda Johann Horn, leader di “Ig-Metall” a Monaco: «il nuovo contratto è stato possibile anche grazie al massiccio sostegno dei 190 mila metalmeccanici bavaresi».