«Sosteniamo la stabilità economica della Tunisia e quindi sosteniamo la conclusione del programma proposto dal Fmi». Dopo mesi di muro contro muro, potrebbe essere un’apertura quella fatta ieri da un portavoce del consiglio di sicurezza della Casa Bianca, principale azionista del Fondo. Il problema è che delle riforme socio economiche promesse dal governo tunisino – condizione senza la quale non si può procedere – ancora non c’è traccia e questo impedisce di sbloccare i finanziamenti oggetto delle trattativa: 1,9 miliardi di dollari necessari a Tunisi per contrastare una crisi economica che rischierebbe di trascinare il Paese nordafricano vero il default.

Scongiurare scenari che preoccupano l’Europa – dalla instabilità politica del Paese nordafricano a un esodo di massa di migranti verso l’Italia – è lo scopo della missione fatta ieri a Tunisia di Paolo Gentiloni. Il commissario europeo all’Economia aveva in agenda incontri con il presidente Kais Saied ed esponenti del governo di Tunisi ai quali ha offerto la disponibilità dell’Europa per investimenti che riguardino soprattutto istruzione ed energia, chiedendo in cambio garanzie proprio sulle riforme promesse. E un impegno a contenere le partenze dei migranti verso l’Europa.

Da mesi la Tunisia è diventato infatti il principale punto di partenza e Paese di transito di migranti originari di Congo, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio, Guinea, Sierra Leone, Siria, Marocco e Burkina Faso. Ma anche di tunisini, molti dei quali ex classe media ormai impoverita che cerca futuro in Europa. La svolta autoritaria impressa al Paese dal presidente Kais Saied ha bloccato però gli aiuti internazionali. Oltre ad accentrare su di sé tutti i poteri, Saied ha infatti attaccato la magistratura e scatenato una campagna razzista contro i migranti provenienti dall’Africa Sub-sahariana, accusati di un «complotto per cambiare la composizione demografica» della Tunisia. Le conseguenze le hanno descritte in questi giorni alcuni dei migranti tratti in salvo dalla nave di Emergency, che hanno raccontato di essere stati presi a sassate e derubati dalla popolazione.

La fine di queste violenze, e l’impegno a varare le riforme promesse, sono la premessa necessaria allo sblocco dei finanziamenti internazionali. Un percorso che però appare tutt’altro che facile, come dimostra la difficoltà con cui ieri Gentiloni è riuscito ad incontrare Saied. Previsto inizialmente, l’incontro è stato disdetto dalla presidenza tunisina per poi essere riconfermato, stando a quanto trapelato, solo dopo le insistenze della delegazione europea. «La Commissione europea rimane determinata a sostenere il popolo tunisino nell’attuale contesto economico estremamente difficile», ha spiegato al termine dell’incontro Gentiloni. «Vogliamo continuare a sostenere la Tunisia per creare una vera crescita economica, nuovi posti di lavoro e migliori prospettive per i tunisini, in particolare per le donne e i giovani. Per questo motivo, la Commissione è pronta a prendere in considerazione un’ulteriore assistenza macrofinanziaria se le condizioni necessarie sono soddisfatte. La prima condizione è l’adozione da parte dell’Fmi di un nuovo programma di erogazione. È fondamentale che ciò avvenga il prima possibile». E per quanto riguarda migranti, il Commissario ha assicurato che «la Tunisia non sarà lasciata sola».

Cosa questo significhi lo si capirà molto presto, alla fine del mese di aprile quando a Tunisi arriverà la commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johansson accompagnata dai ministro dell’Interno di Francia e Italia Gerard Darmanin e Matteo Piantedosi. Non si parlerà più di aiuti economici ma di interventi per fermare i flussi migratori. Per questo verranno offerte motovedette, droni, tecnologia per il controllo delle frontiere e corsi di addestramento per la Guardia costiera tunisina. In pratica trasformare la Tunisia in un’altra Libia nella speranza che riesca a fermare i disperati che cercano salvezza in Europa.