«Dalla fine del 2017, il mio ufficio ha ricevuto una serie di comunicazioni e rapporti riguardanti crimini presumibilmente commessi contro la popolazione Rohingya in Myanmar e la loro deportazione in Bangladesh». Comincia così il comunicato con cui Fatou Bensouda, procuratrice generale della Corte penale internazionale dell’Aja (Tpi), ha reso noto l’avvio dell’esame preliminare su presunti atti coercitivi che hanno provocato lo spostamento forzato del popolo Rohingya in Bangladesh: privazione dei diritti fondamentali, uccisioni, violenze sessuali, sparizioni forzate, distruzione e saccheggi, persecuzione. Il cammino è stato lungo e tortuoso perché il Myanmar, che non è uno Stato membro del Tpi, ha...