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Gender gap e Olimpiadi, una sfida aperta

Gender gap e Olimpiadi, una sfida apertaSeiko Hashimoto

Verso Tokyo In parlamento e sul web le donne hanno rivoluzionato i giochi. Una nuova prospettiva alla quale contribuisce l'ex campionessa di pattinaggio veloce Seiko Hashimoto, oggi ministra

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 13 marzo 2021

Le Olimpiadi di Tokyo 2020 hanno mostrato il lato maschilista della politica giapponese. Posticipati a causa della pandemia di coronavirus, i giochi olimpici e paralimpici si terranno nella capitale giapponese dal prossimo 23 luglio 2021, nello stesso periodo in cui si sarebbero dovuti svolgere nel 2020. Gli organizzatori dell’evento sperano che già dalla cerimonia di apertura gli sportivi, il pubblico e gli sponsor abbiano dimenticato le affermazioni sessiste dell’ex presidente del Comitato olimpico nazionale Yoshiro Mori. Esponente del Partito liberal democratico, guidato dall’attuale premier Yoshihide Suga, Mori ha animato il suo breve mandato di primo ministro nipponico (dal 2000 al 2001) con battute controverse che lo hanno fatto calare nei sondaggi di gradimento in poco tempo. Nonostante Mori abbia abituato i giapponesi alle sue gaffe, il 3 febbraio scorso è finito nella bufera dopo l’ennesima battuta sessista. L’83enne ha affermato che le donne, mosse da un forte senso di rivalità, portano alle lunghe le riunioni perché parlano troppo. La battuta infelice è arrivata in risposta alla proposta del Comitato di includere più donne nella sua amministrazione, passando dall’attuale 20 per cento al 40 per cento e aumentando l’attuale quota di tre donne su 25 membri.

La frase ha scatenato una campagna sui social network per dare voce a tutte le donne che si sentono umiliate e oppresse dal dilagante maschilismo nel paese. Sebbene il giorno dopo Mori abbia ritirato i commenti e si sia scusato pubblicamente, sperando di chiudere così il caso, è stato costretto a lasciare l’incarico. Le sue dimissioni, arrivate dieci giorni dopo, sono state necessarie a salvare l’evento sportivo, già compromesso dalla condizione sanitaria, nonostante l’80 per cento dei giapponesi voglia cancellarlo. A pesare sulle sue dimissioni è stata l’opinione pubblica, in particolare quella femminile, che ha aderito con oltre 110mila firme a una petizione su Change.org per sollevare dall’incarico Mori.

La partecipazione all’iniziativa ha posto sotto i riflettori i problemi della società nipponica, portando il governo di Yoshihide Suga a riflettere sulla necessità che un cambio di passo non possa essere garantito solamente con la sostituzione del presidente del Comitato olimpico, promotore del concetto di «unità e diversità» di Tokyo2020.
Ma se le battute controverse di Mori hanno fatto la storia, perché si è scelta la sua figura per rappresentare l’evento sportivo internazionale? La spiegazione si trova anche nell’abilità dell’ex premier di aver costruito legami nel mondo politico-sportivo. La sua passione per il rugby, sport del quale si è innamorato durante i suoi studi all’Università di Waseda, l’ha portato a ricoprire ruoli dirigenziali. Come presidente della federazione rugbistica giapponese è riuscito a far disputare nel paese la Coppa del mondo di rugby nel 2019, regalando al movimento rugbistico nazionale un interesse di pubblico e di sponsor senza precedenti. Nel 2014 è arrivato l’incarico per la guida del Comitato olimpico e Mori, uscito indenne dalla lotta contro il cancro, l’ha definito il suo ultimo «servizio pubblico».

Seiko Hashimoto
L’attenzione internazionale sulla vicenda ha portato il Comitato olimpico a segnare un cambio di rotta e porre una donna alla sua guida: Seiko Hashimoto, ex atleta di 56 anni con sette partecipazioni olimpiche alle spalle, una medaglia di bronzo, e ministra delle Olimpiadi, ha ora il compito di promuovere la parità di genere durante i giochi olimpici. Il comitato di selezione ha voluto scegliere Hashimoto per la sua «profonda conoscenza dello sport e la comprensione della questione dell’uguaglianza di genere, maturata dall’esperienza politica».
L’ex atleta e ministra conosce il mondo politico giapponese, e lo ha anche cambiato. Dopo la nascita dei sui figli, ha guidato un’iniziativa per istituire una struttura per l’infanzia presso la Dieta del Giappone e ha aperto la strada al congedo parentale per chi siede in parlamento.

È stata l’opinione pubblica, come anche figure importanti del panorama politico nazionale, a pesare sulla scelta di una donna a capo del Comitato olimpico. Il dibattito dalle piattaforme del web si è spostato nella camera bassa della Dieta del Giappone, quando le parlamentari dell’opposizione sono entrate in parlamento vestite di bianco, ricordando il gesto delle donne del Congresso Usa nel 2019.

La Camera
Il numero esiguo delle donne giapponesi che siedono nelle due camere della Dieta nazionale mette in luce la diseguaglianza di genere in ambito politico. Per la Camera dei rappresentanti, solo il 17,8 per cento delle donne si è candidata alle elezioni del 2017; un dato relativamente migliore si è registrato con la tornata del 2019 per la Camera dei consiglieri, con oltre il 28 per cento di candidate. I numeri però tradiscono gli intenti del Danjo KyOdO Sankaku kyoku, l’organo governativo per l’uguaglianza di genere istituito nel 2001, che aveva posto il 2020 come limite per l’incremento fino al 30 per cento delle donne poste ai vertici dirigenziali e politici.

Il mancato obiettivo è più evidente se si guarda la composizione della camera bassa del parlamento dove solo il 9,9 per cento è donna, ben al di sotto della media internazionale del 25,1 per cento. Non sorprende quindi che nell’ultimo rapporto del Forum economico mondiale sulla classifica della parità di genere, il Giappone occupa il 121esimo posto su 153 paesi, perdendo 11 posizioni rispetto al 2019.

Il gender gap è maggiore nelle imprenditoria: secondo gli ultimi dati governativi, le donne rappresentano solamente il 5,2 per cento dei dirigenti di tutte le società quotate nel 2019. La bassa presenza femminile nei ruoli dirigenziali trova spiegazione nelle lunghe giornate lavorative o nelle cene di lavoro che portano le donne a rimanere indietro rispetto ai colleghi uomini in termini di carriera e promozioni, perché dedite anche alla cura della casa e della famiglia.

In una società guidata dagli uomini, la presenza femminile alle riunioni politiche e dirigenziali non è affatto scontata. Dopo lo scandalo di Mori è seguito il tentativo maldestro e fallimentare di includere più deputate nelle riunioni del Partito liberal democratico. Toshihiro Nikai, segretario generale dello schieramento conservatore al governo, ha invitato cinque deputate all’appuntamento politico, esortandole però a rimanere in silenzio. L’intenzione di Nikai era pure lodevole: «portare una prospettiva femminile e dare un’occhiata a quello che succede» alle riunioni del partito; tuttavia, le «osservatrici» potranno presentare le loro idee solo in un secondo momento agli uffici della segreteria.

Le riunioni
Ma se il potere e le parole sono solamente degli uomini, come possono le donne interrompere o prolungare le riunioni? Lo studio Who Takes the Floor and Why: Gender, Power, and Volubility in Organizations dell’Università di Cornell spiega come siano gli uomini a parlare molto e lungo, interrompendo con più frequenza le riunioni, anche quando (raramente) partecipano più donne. Guidare il dibattito è un’arma vincente per conquistare maggiore credibilità e autorità a livello pubblico, elementi che si traducono in potere politico. In passato, affermazioni e comportamenti come quelli di Mori o Nikai sarebbero finiti nel dimenticatoio dopo alcune critiche pubbliche. Ma questa volta, giovani attiviste si sono mobilitate per ridurre lo storico gender gap del Giappone. Ed è una vittoria più grande di una medaglia olimpica.

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