Europa

Gdpr, Facebook teme le norme sulla privacy e sposta tutti i dati

Il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg durante l’audizione a Washington l’11 aprile scorso foto AfpIl fondatore di Facebook Mark Zuckerberg durante l’audizione a Washington l’11 aprile scorso – Afp

Facebookgate Il 25 maggio entrano in vigore le nuove regole europee che danno più diritti ai cittadini. Trasferite in segreto le vite digitali di un miliardo e mezzo di utenti dai server in Irlanda alla più «permissiva» California. La società di Zuckerberg nel mirino di avvocati e politici di mezzo mondo

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 21 aprile 2018

Come dollari sonanti da spostare da una parte all’altra del pianeta in cerca del miglior paradiso fiscale, Facebook ha annunciato che sposterà i dati di 1,52 miliardi di persone dai propri server in Irlanda a quelli in California.

Il motivo è l’entrata in vigore, il 25 maggio, del nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR), che garantisce più diritti agli utenti e prevede multe molto salate in caso di violazioni o furto dei dati custoditi.

In questo modo, e contrariamente alle teatrali promesse fatte al Congresso, la società di Mark Zuckerberg crea utenti di «serie A» (gli europei) e di «serie B» (tutti gli altri). Come non immaginare che fake news ed elezioni pilotate potranno dilagare in Africa, mentre nei mercati regolamentati europei tutto sarà più controllato?

Africani, indiani e latinoamericani (cioè l’80% dei clienti del gigante dei dati) si troveranno dal giorno alla notte sotto la più morbida normativa statunitense per la privacy, senza i nuovi diritti di cittadinanza elettronica previsti a breve dalle leggi europee.

Lo spostamento di massa, peraltro non annunciato, si è scoperto solo mercoledì scorso grazie all’agenzia Reuters, che ha notato un cambiamento di poche lettere in una bozza dei «termini e condizioni» del social network, in cui si annotava che i dati dei cittadini non europei prima custoditi da Facebook Ireland (all’interno dell’Ue dunque) sarebbero stati trasferiti a Facebook Inc. negli Stati uniti.

A scoop pubblicato, la società di Zuckerberg ha dapprima fatto capire di voler spostare tutti quei dati solo per abbassare i rischi di multa in caso di violazione.

Una tesi degna di Pinocchio però, perché proprio per evitare inghippi di questo tipo il GDPR parla di sanzioni fino al 4% del fatturato mondiale totale annuo (che per Facebook nel 2017 ha superato i 40 miliardi di dollari).

Il vero motivo infatti è poi emerso subito.

In una serie zigzagante di comunicati, Facebook ha infine assicurato alla Reuters che garantirà le «stesse protezioni sulla privacy a tutti», a prescindere da dove si trovano i dati personali.

Ma questo non significa certo che tutti i principi del GDPR saranno rispettati (tra questi il diritto all’oblio sconosciuto in America o l’obbligo di notificare alle autority nazionali i casi di violazione o furto di dati, etc.).

Senza contare che alcuni tipi di dati, come ad esempio la cronologia dei siti visitati, in America non sono considerati dati personali mentre in Europa sì.

I legali di mezzo mondo hanno già dissezionato tutti i passi falsi della società anche senza il GDPR.

(per esempio qui e qui, dal Guardian)

Ma l’esodo senza precedenti potrebbe anche rivelare il timore di Zuckerberg per un’importante sentenza della Corte Europea di Giustizia attesa nei prossimi 18 mesi.

Sollecitata il 12 aprile dal garante della privacy irlandese, la Corte del Lussemburgo deve decidere una volta per tutte se le modalità «disinvolte» di trasferimento di dati tra Ue e Usa attuate finora da Facebook violano i diritti degli utenti.

La causa è partita nel 2013 da un avvocato austriaco, Max Schrems, preoccupato per le rivelazioni di Edward Snowden secondo le quali le agenzie di intelligence Usa hanno pieno accesso ai dati conservati dai giganti di Silicon Valley nonostante la normativa europea Privacy Shield.

Ma Facebook di certo non è sola nel gestire le proprie «miniere di dati» come le conviene.

(scopri qui i tuoi dati personali conservati da Facebook e Google, o dai giornali online o dalle società TLC)

LinkedIn (il social controllato da Microsoft) ha infatti annunciato un identico spostamento a partire dall’8 maggio.

E i guru dei big data già si interrogano sulla possibilità di errore in uno spostamento così rapido e massivo: che succederebbe se i dati di un utente europeo finissero per sbaglio in California?

I guai infine non vengono mai da soli, proprio ieri la Germania ha costretto il social network a cambiare la vendita di pubblicità politiche per le elezioni in Baviera di ottobre (dove la Csu è un alleato fondamentale di Angela Merkel).

Facebook è il mercante delle vite digitali di un terzo dell’umanità e lo scandalo Cambridge Analytica potrebbe essere solo la punta dell’iceberg.

Per sapere cosa stiamo facendo noi per adeguarci al GDPR: ilmanifesto.it/gdpr

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