È fatto l’accordo mediato dagli Stati uniti per la demarcazione del confine marittimo tra Israele e Libano e lo sfruttamento del gas dei giacimenti sottomarino di Karish e Qana. Manca l’annuncio ufficiale ma ieri, in diretta televisiva, l’accordo è stato di fatto comunicato ai libanesi dal segretario generale del movimento sciita Hezbollah, Hassan Nasrallah, che ha descritto come «un importante passo in avanti» la bozza presentata al presidente libanese Michel Aoun dall’ambasciatrice Usa Dorothy Shea. Nasrallah è stato categorico quando ha precisato che l’intesa sul confine non è il risultato della generosità di Stati Uniti e Israele, piuttosto è la conseguenza della forza del Libano. Ossia del suo movimento. Hezbollah si è presentato in questi mesi come il difensore dei diritti del paese dei cedri sui giacimenti contesi, al punto da inviare a luglio tre droni verso Karish per dimostrare di essere pronto alla guerra con Israele pur di proteggere «le risorse energetiche del Libano».

Quanto questa strategia di comunicazione sia stata vincente è difficile quantificarlo. Allo stesso tempo, il movimento sciita esce rafforzato da questa vicenda in cui ha fatto capire di aver messo le sue armi al servizio del Libano mentre i suoi avversari lo accusano di fare solo gli interessi dell’Iran, suo storico sponsor. Ed è scontato che Nasrallah farà pesare questa «vittoria contro Israele» anche nel braccio di ferro in corso tra le varie forze politiche libanesi per l’elezione del nuovo capo dello Stato. Quello uscente, Aoun, ex generale e leader della Corrente dei patrioti liberi, fa parte del «Fronte 8 Marzo» guidato dal movimento sciita e che fa riferimento a Damasco e Teheran.  A conferma del buon esito della trattativa ci sono anche le dichiarazioni fatte al quotidiano saudita Asharq al-Awsat, dello speaker del parlamento libanese, Nabih Berri, leader dell’altro partito sciita, Amal. Berri è stato esplicito. Ha detto che il testo presentato da Washington «in linea di principio soddisfa le richieste libanesi».

Tecnicamente ancora in guerra dal 1948 – il Libano ha subito diverse offensive e occupazioni militari israeliane, la più grave nel 1982 -, i due paesi rivendicano circa 860 chilometri quadrati del Mar Mediterraneo. I media locali scrivono che la proposta elaborata da Amos Hochstein, il mediatore inviato da Joe Biden, conferisce al Libano il diritto sul giacimento di Qana. In sostanza la proposta americana si fonda sulla Linea 23, che si trova a nord del punto che i libanesi avevano proposto alcuni anni fa. Karish è a sud-ovest della linea, il che significa che rimarrà sotto il completo controllo israeliano. Qana invece andrà ai libanesi. Considerando gli ultimi sviluppi, gli analisti ritengono che il governo di Yair Lapid abbia scelto di fare qualche concessione pur di raggiungere una intesa con un paese «ostile» in parte controllato da Hezbollah, uno dei suoi più accaniti nemici con il quale fino a qualche giorno fa sembrava sul punto di scendere in guerra. Con ogni probabilità Israele ritiene di poter spendere in futuro a suo favore questa concessione territoriale. Ma l’accordo farà di Hezbollah un attore nell’importante industria energetica del Mediterraneo orientale, ampliando la sua influenza regionale. Per questo il leader dell’opposizione israeliana, l’ex premier Benyamin Netanyahu, accusa Lapid, anche a scopo elettorale, «di aver ceduto» alle pressioni di Hezbollah compromettendo la sicurezza nazionale.

Il Libano intanto sogna di mettere a posto il deficit interno e il debito internazionale grazie ai miliardi di dollari che prevede di incassare dai paesi occidentali bisognosi di energia.