G20, zero diplomazia: scontro tra super potenze sull’Ucraina
Crisi ucraina A Nuova Delhi gli Stati uniti chiudono alla pace cinese. Mosca: «Questo vertice è un farsa». Solo Meloni vede rosa: incassa promesse d’affari e loda l’India per il ruolo di mediatrice
Crisi ucraina A Nuova Delhi gli Stati uniti chiudono alla pace cinese. Mosca: «Questo vertice è un farsa». Solo Meloni vede rosa: incassa promesse d’affari e loda l’India per il ruolo di mediatrice
«La governance globale ha fallito». Parola del premier indiano Narendra Modi, nella dichiarazione registrata che ha aperto il summit dei ministri degli Esteri del G20. I presenti hanno fatto di tutto per confermare quanto detto dal padrone di casa. Di diplomatico, a Nuova Delhi, c’è stato ben poco: il vertice si è chiuso senza comunicato congiunto e con una serie di accuse reciproche.
LE SPERANZE dell’India di affrontare i temi legati a inflazione, povertà e clima sono subito tramontate. La guerra in Ucraina ha ovviamente dominato la discussione, in cui ognuno ha ribadito la propria posizione più che cercare un dialogo. Antony Blinken, reduce dal blitz in Asia centrale dove ha incontrato rappresentanti delle ex repubbliche sovietiche, non ha lasciato spazio a un possibile negoziato che non preveda il completo ritiro della Russia.
«Dobbiamo continuare a chiedere a Mosca di porre fine alla sua guerra di aggressione e di ritirarsi dall’Ucraina per il bene della pace internazionale e della stabilità economica», ha detto il segretario di Stato americano, che ha poi reiterato le teorie sulla possibile fornitura di armi da parte della Cina. «Pechino non può presentarsi pubblicamente come una forza di pace mentre continua ad alimentare le fiamme del fuoco acceso da Vladimir Putin». Scelte lessicali che ricordano proprio quelle cinesi, che dall’inizio della guerra accusa Washington di gettare «benzina sul fuoco».
COSÌ BLINKEN ha chiuso alla possibile «soluzione politica» proposta dalla Cina. Di più. Secondo quattro funzionari statunitensi citati dalla Reuters, gli Stati uniti stanno sondando gli alleati più stretti sulla possibilità di imporre sanzioni a Pechino se dovesse fornire sostegno militare alla Russia. Forse si riferiva a questo Sergej Lavrov quando ha accusato gli Usa di «ricatti e minacce» nel bilaterale con l’omologo cinese Qin Gang, dopo il quale Mosca sottolinea (magnifica?) in una nota l’allineamento con la Cina. Durante i lavori, Lavrov ha definito l’agenda del G20 una «farsa» a causa delle delegazioni occidentali che «vogliono scaricare su Mosca la responsabilità dei loro fallimenti economici».
Le accuse tra Lavrov e Blinken sono proseguite anche in un rapido e imprevisto colloquio: il secondo avrebbe chiesto al primo di fermare la guerra e invertire la sospensione dell’accordo New Start sul nucleare. La portavoce russa Maria Zakharova ha confermato l’incontro, ma non ha voluto definirlo un colloquio: «Blinken ha chiesto un contatto durante la seconda sessione, ma non ci sono stati né colloqui né un vero e proprio incontro».
Come accaduto al summit dei ministri delle Finanze della scorsa settimana, non c’è stato accordo sul comunicato congiunto. La Cina si è schierata di nuovo con la Russia contro il lessico scelto nel testo, a partire dal termine «guerra», per ora sempre evitato nei documenti ufficiali di Pechino.
«C’erano divergenze e non siamo a riusciti a conciliare le parti con posizioni diverse», ha spiegato il ministro degli Esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar, sottolineando che la distanza era «solo in due paragrafi» del testo finale. Al suo posto una sintesi, «La maggior parte dei membri ha condannato fermamente la guerra in Ucraina», come successo al summit di Bali dello scorso novembre.
PER ORA NON SEMBRA dunque averci visto giusto Giorgia Meloni, che a qualche chilometro di distanza ha incontrato Modi e partecipato al Raisina Dialogue. «L’India può svolgere un ruolo centrale nella facilitazione di un percorso negoziale verso la pace», ha detto la premier italiana. In realtà, finora la posizione neutrale mantenuta da Nuova Delhi sul conflitto non le ha garantito capacità di mediazione. Come sempre, Modi cerca di ottenere il massimo da entrambe le parti.
Ieri, mentre il Wall Street Journal riportava del possibile acquisto di droni armati statunitensi da schierare lungo il confine conteso con la Cina, il ministro degli Esteri indiano incontrava l’omologo cinese per stemperare le tensioni. Modi incassa anche l’adesione dell’Italia all’Indo-Pacific Oceans Initiative, Meloni può mettere sul piatto la promessa di accordi commerciali e commesse nel settore di difesa. Strizzando l’occhio a Washington. Al suo alleato Silvio Berlusconi strizza invece l’occhio Mosca. «È un uomo ragionevole che non cerca di dipingere tutto in bianco e nero», ha detto Lavrov ai giornalisti italiani. Intanto, però, dal summit indiano si esce con la sensazione di un mondo ancora più diviso.
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