Fuso, videoarte in movimento a Lisbona
Kermesse Il festival portoghese dedicato alla videoarte presenta per l'edizione 2023 novità sorprendenti e si rivolge a un pubblico più vasto
Kermesse Il festival portoghese dedicato alla videoarte presenta per l'edizione 2023 novità sorprendenti e si rivolge a un pubblico più vasto
La videoarte ha sessant’anni, se si prende come inizio la data della mostra di Wuppertal del 1963 «Exhibition of Music. Electronic Television» in cui il giovane Nam June Paik esponeva, fra l’altro, monitor con l’immagine distorta e sottoposta a metamorfosi attivabili artigianalmente anche dai visitatori.
Al festival FUSO, a Lisbona, la prima serata è stata dedicata appunto agli inizi di quella nuova «indisciplina», fra la Germania e gli USA, fra musica e immagine elettronica, fra il Fluxus e la body art. Isabel Nogueira ne ha parlato, in un fitto dialogo col pubblico, nella giornata inaugurale del festival, a rintracciare radici ed evoluzioni di un’arte cui FUSO da quindici anni dedica le sue serate all’aria aperta, nei chiostri e nei giardini di musei e antichi palazzi, nei grandi spazi sul Tago, sulle alture del Castelo de São Jorge. Inaugurazione duplice, perché si è svolta nel nuovissimo e grande spazio di Duplacena, che fra le sue molte attività (anche produttive) promuove e organizza il festival: il suo direttore, Antonio Cámara, è fra i fondatori e direttori di FUSO. Qui, in apertura, la mostra di videoarte delle Azzorre, curata da Rachel Corman: da cinque anni esiste infatti un «FUSO insular», a São Miguel, dove è nato un laboratorio dedicato all’immagine in movimento, con un programma di residenza creativa: «spazio/tempo per l’apprendimento, la ricerca e la sperimentazione». Otto brevi lavori che, con sguardi diversi, raccontano il rapporto di artisti e autori locali con il proprio territorio, dal fascino di una natura grandiosa alle tradizioni, dalla quotidianità alla presenza del turismo. Fra documento e sperimentazione.
Di anno in anno FUSO conquista un pubblico sempre più ampio e vario: affollatissima la prima serata, dedicata a brevi produzioni portoghesi e di autrici/autori stranieri residenti in Portogallo: unico concorso di videoarte del paese, più di 250 opere arrivate e 12 selezionate (curatore: Jean-François Chougnet), con voto del pubblico e della giuria. La produzione post-pandemia assume tinte malinconiche e distopiche, fra il pubblico non esplodono le risate di anni fa per opere grottesche o giocose. Paesaggi lividi, suoni ossessivi. Gli spettatori forse per questo hanno premiato il surreale e a tratti comico Pi Pi Pi Pi, di Maria Peixoto Martins, lungo piano sequenza con più di 580 suoni diversi di clacson nel caotico traffico del Cairo. Premio della giuria a Ensajo para sonho, di Ian Capillé: voce fuori campo su fondo nero, riflessione sulla perdita, fino a un alternare l’oscurità con forme luminose. Meditazione sulla fine («che è lenta») ma anche sull’apertura di senso offerta dallo schermo nero; e, come afferma l’autore, sulla «misteriosa oscurità luminosa della fotografia». Questa serata in riva al Tago, nell’ampio spazio antistante al MAAT (Museo di arte, architettura e tecnologia) ha regalato come sempre al pubblico di FUSO vino e dolcetti; ma stavolta non le copertine antifreddo, giacché anche a Lisbona a fine agosto fa più caldo del solito, e non ci si deve proteggere dall’aria fresca che arriva dall’oceano. Solo verso la fine del festival il clima cambia, e gli spettatori, distesi sulle tradizionali sdraio che caratterizzano la platea en plein air di FUSO, tornano ad avvilupparsi nelle coperte distribuite all’ingresso. La programmazione continua con una serata intitolata «Let’s dance», video dalla collezione francese del Centre National des Arts Plastiques (a cura di Pascale Cassagnau): musica, performance filmata, ripetizioni, suoni e gesti, peregrinazioni. Alla gloriosa distributrice LUX, Gran Bretagna, è stata dedicata la serata nel giardino del palazzo Sinel de Cordes, curata da Benjamin Cook, con una particolare attenzione, anche politica, alle comunità dei migranti e all’idea di appartenenza, in video che esplorano in modi diversi l’idea e l’immaginario rurale nelle sue connotazioni e distorsioni ideologiche e sociali.
Tematiche che hanno percorso anche la serata al Castello: qui Inês Grosso, curatrice del Museo di Serralves di Porto, ha presentato una selezione dedicata alle culture indigene del Mato Grosso, fra cui Eu sou uma arara, di Rivane Neuenschwander e Mariana Lacerda (2022), risultato di una ricerca che documenta performance e sfilate imponenti a San Paolo, Brasile, contro il genocidio e la distruzione dell’ambiente: fra i manifestanti e la selva dei cartelli, tanti performer con meravigliose maschere ispirate alla fauna e alla flora brasiliane, in marce danzanti che diventano «come una foresta fitta e potente». Ultima serata come sempre con una ricostruzione della storia della videoarte, curata da Lori Zippay di Electronic Arts Intermix, New York, una delle più antiche e meritorie distributrici-promotrici delle arti elettroniche nel mondo. Anche stavolta sono state presentate opere restaurate: l’omaggio è andato a Charles Atlas, pioniere della videodanza, stretto collaboratore di coreografi, danzatori e artisti, autore di documentazioni ormai mitiche, in bilico fra finzione e invenzioni figurative, narratore per decenni di una scena culturale d’avanguardia: il ritratto di Merce Cunningham che scivola da uno spazio all’altro grazie alla tecnica del Blue Studio e si sdoppia e si moltiplica grazie ai primi effetti video è un classico della videodanza, proiettato qui con lavori dal 1975 al 2014.
Centro di vivaci attività audiovisive, Lisbona vede altre manifestazioni internazionali sulla videoarte, come VEM, «Videoarte em movimento», rassegna itinerante fra Spagna e Portogallo, e Loops.Expanded, network fra vari paesi incentrato sull’idea del loop (è appena uscita la call per la prossima edizione): una selezione video da queste rassegne e da FUSO sarà presentata a Pisa, al cineclub Arsenale, il prossimo 25 ottobre, illustrata dall’artista Irit Batsry, che in vario modo è parte attiva di queste iniziative, e alla presenza di un autore della selezione italiana di Loops.Expanded, Tommaso Lunardi. Videoarte in cammino.
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