O l’Unione Europea deciderà il disaccoppiamento dei prezzi di gas ed elettricità o l’Italia potrebbe fare da sola. Andrea Fumagalli, economista e docente all’università di Pavia, quella di Giorgia Meloni è un’impostazione realistica?
La via autarchica è irrealistica perché non ha i 200 miliardi di euro della Germania. Se non vuole creare nuovo debito, il governo disporrebbe circa 21 miliardi che userà per la metà per procrastinare le misure di Draghi e il resto per il caro bollette e per qualche altro intervento. La possibilità che l’Ue decida il disaccoppiamento è abbastanza remota. Gli accordi sul «corridoio di prezzo dinamico temporaneo» o sull’«acquisto congiunto e volontario di gas» presi dal Consiglio Europeo del 20 e 21 ottobre sono di basso profilo. In queste condizioni porre aut aut, se è questo il suo messaggio, è imprudente.

Perché?
I paesi europei sono spaccati e l’accordo europeo non interviene in modo efficace sul controllo del prezzo del gas. Ciò significa che l’inflazione è libera di crescere. Le riunioni della commissione energetica non hanno prodotto, al momento, nessun risultato. Meloni si trova in questa tenaglia.

Oltre che sui rave il governo rischia di fare propaganda sul gas?
In queste condizioni il rischio è forte.

Ma i prezzi del gas non stanno scendendo?
È stato l’unico effetto positivo dell’incontro europeo. Accade sui mercati speculativi. Se hai una buona reputazione, e l’Unione Europea continua ad averla nonostante tutto, la politica degli annunci funziona. Il prezzo del gas si è ridotto del 70% e vale meno di 100 euro al Mwa. Significa che gli aumenti dei prezzi non sono giustificati. Anzi dovremmo assistere a una riduzione dei costi per famiglie e imprese.

E avverrà?
Non credo. L’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera) ha detto che il gas non aumenterà del 70% ma solo del 5%. Ma questo fa a pugni con la logica perché il gas è calato del 70%, dopo aver raggiunto un picco di oltre 330 euro tra luglio e agosto. Le imprese stanno aspettando a ridurre i prezzi per lucrare nuovi profitti. Questo comportamento speculativo sta generando un’inflazione da profitti.

Cosa significa?
Significa che quando la bolla speculativa si sgonfia, e i prezzi calano, le imprese mantengono elevati i prezzi e ottengono maggiori guadagni. Questa dinamica è implementata dalla politica monetaria restrittiva della Banca Centrale Europea. Butta benzina sul fuoco e non interviene sulle vere cause dell’inflazione. Sta sostenendo la profittabilità delle grandi imprese.

La redazione consiglia:
Giustizia sociale e climatica, la protesta vira a Napoli

Come si sta muovendo il governo?
Pare che voglia intervenire sugli extra-profitti delle imprese energetiche. Lo ha fatto Draghi ma con risultati insoddisfacenti. Meloni pensa di ottenere migliori risultati, ma è tutto da vedere. Nel frattempo sembra sparito l’altro problema: l’inflazione dei beni non legati all’energia.

Cosa accadrà ai salari?
Un’inflazione di oltre il 10% implica una pari riduzione del potere di acquisto dei redditi salariali. L’Italia sta peggio in Europa. Mancano mobilitazioni paragonabili a quelle inglesi, tedesche, francesi o spagnole. I sindacati stanno ottenendo di mantenere inalterato il potere di acquisto, anche se non riescono ad aumentare i salari in termini reali. Da noi non sta avvenendo, né il governo intende intervenire.

E questo cosa comporta?
Un peggioramento della distribuzione del reddito e un aumento della povertà. Gli unici due strumenti per impedire questa deriva sono il salario minimo e un miglioramento del reddito di cittadinanza. Ma Meloni non intende parlare del salario minimo e vuole ridurre il reddito. Si può aprire una questione sociale di grandi proporzioni.

La redazione consiglia:
Tacciano le armi. In piazza per la pace il 5 novembre

Domani ci sarà la manifestazione per la pace a Roma e quella del collettivo Gkn, i Fridays for future e gli altri movimenti a Napoli. Pace, salari, ambiente e diritti possono comporre un’agenda contro la guerra, la speculazione e la precarietà?
Sarebbe utile che, teoricamente, queste manifestazioni convergessero su un unico obiettivo. Purtroppo sono contemporanee e in luoghi separati. C’è una certa difficoltà delle forze sindacali e di sinistra. Però non è detto che una battaglia per la pace non possa diventare una per l’equità sociale. Sono tra quelli che auspicano una ricomposizione dei movimenti sociali. Minore spesa per le armi, più risorse per i salari, sicurezza sociale e ambientale, diritto a un reddito incondizionato. Non c’è pace senza giustizia sociale. Un’agenda politica sociale opposta a quella di Draghi e Meloni.