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Fuggi fuggi dalla lista Micari. «Modello Palermo» ultimo atto

Fuggi fuggi dalla lista Micari. «Modello Palermo» ultimo attoLeoluca Orlando – LaPresse

Regionali siciliane Leoluca Orlando non trova candidati, i dem chiedono soccorso a Crocetta: passa i tuoi al rettore

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 5 ottobre 2017

Nella sua prima versione il «modello Palermo», più un’invenzione elettorale che un vero progetto politico, doveva servire ad aggregare, dentro un recinto di centrosinistra e senza l’ingombrante Rosario Crocetta, chi, orfano di partito, sbandiera lo slogan del civismo: un carro sul quale far salire quegli amministratori che governano nei piccoli comuni dove i partiti old style non esistono più e la gente cerca nuovi approdi.

Leoluca Orlando il suo progetto l’aveva spiegato a Pisapia, volando al raduno di piazza Santi Apostoli a Roma. Ottenendo dall’ex sindaco di Milano il via libera, con Bruno Tabacci delegato dal leader di Campo progressista a chiudere con Orlando, che aveva già in tasca l’ok di Renzi all’operazione. La versione large del campo però è durata giusto il tempo di buttare nella mischia Fabrizio Micari, strappandolo al rettorato di Palermo. A imbrattare la versione originaria del «modello» è stato poi l’ingresso di Ap nella coalizione, voluto da Renzi, con Mdp e Si fuggite a gambe levate, perché mai con Alfano, e approdate poi sotto l’ala di Claudio Fava.

Ora anche la versione small del civismo orlandiano s’è afflosciata. Anzi, il «modello Palermo» è evaporato. I nodi sono venuti al pettine con la formazione delle liste. Orlando e i suoi sono riusciti a malapena a racimolare i candidati a Palermo da inserire nella Lista Micari, che porta il nome del candidato governatore. Nel resto dell’isola, un disastro. «Ci hanno consegnato un foglio con una ventina di nomi e alcuni suggerimenti, chiedendo a noi e agli alleati di riempire le liste provinciali», riferisce un furioso dirigente del Pd. Fausto Raciti, segretario del Pd siciliano, s’è ritrovato a gestire un problema enorme. Di fronte a nomi tanto deboli, molti dirigenti dem, che seppure a malincuore erano pronti a imbarcarsi nella lista Micari, si sono tirati indietro. Un fuggi fuggi che ha gettato nel panico la coalizione, già preoccupata dai sondaggi che continuano a dare Micari tra il 10-15%, dietro a Nello Musumeci per il centrodestra e a Giancarlo Cancelleri per i 5 Stelle, sopra il 30%.

Per scongiurare il disastro, ancora una volta il Pd chiede soccorso a Rosario Crocetta. Il governatore aveva accettato di ritirare la sua candidatura, sotto il pressing di Renzi, senza nulla chiedere se non il riconoscimento politico del suo movimento, «il Megafono», col quale presentarsi alle regionali e alle politiche. Ora a Crocetta si chiede di rinunciare pure al Megafono. Raciti è in pressing per convincerlo a trasferire i suoi candidati nella lista «Micari presidente-Arcipelago Siciliani». Secondo alcune proiezioni fatte dal Pd, solo così la lista ce la farebbe a superare lo sbarramento del 5%. Crocetta al momento resiste, ma il forcing è insistente e fa leva sulla fedeltà del governatore al Pd. Il piano b è un’infornata di candidati minori da inserire al fotofinish nelle liste di Micari. «Ma sarebbe una debacle», sussurra un altro dem. Mentre nel partito monta la fronda di chi accusa Micari di prestare troppo il fianco ai renziani: nella sua squadra di assessori in pectore ha inserito due uomini vicini a Davide Faraone come Alessandro Baccei e Giuseppe Biundo.

A destra il nodo è il listino, i sei nomi che saranno eletti di diritto in caso di vittoria: non ci sarebbe posto per Gaetano Armao, l’uomo che Berlusconi voleva come candidato governatore e che poi ha accettato il ticket con Musumeci con la promessa della delega all’Economia. Al suo posto Musumeci avrebbe deciso di inserire Gianfranco Miccichè. Lo stesso Micchichè starebbe insistendo per far entrare anche Armao, che ha convocato per oggi una conferenza stampa, facendo intendere che potrebbe defilarsi.

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