Fuga da Baalbek, l’antica città trema sotto i colpi israeliani
Libano Decine di migliaia di libanesi lasciano la comunità patrimonio Unesco. Raid anche a sud. Si aprono spiragli per il cessate il fuoco, forse già «nelle prossime ore», dice in serata il premier Mikati
Libano Decine di migliaia di libanesi lasciano la comunità patrimonio Unesco. Raid anche a sud. Si aprono spiragli per il cessate il fuoco, forse già «nelle prossime ore», dice in serata il premier Mikati
Ieri, per la prima volta, l’intera città vecchia di Baalbek ha ricevuto l’ordine di evacuazione da Israele. Dopo Tiro, è la seconda città patrimonio dell’Unesco in Libano a essere soggetta ai bombardamenti israeliani. Lunedì un muro di cinta della cittadella romana era stato danneggiato.
Storia millenaria, rinominata Heliopolis, città del sole, da Alessandro Magno, fiorisce sotto l’impero romano. Il complesso archeologico è tra i più importanti al mondo per lo stato di conservazione, in particolar modo quello del tempio di Bacco, all’interno del quale ogni anno si svolge l’importante Baalbek Music Festival. Nella parte antica della città si erge anche un’imponente moschea del periodo omayyade (661-750 d.C.).
ISRAELE MINACCIA la vita umana e la storia e mette a rischio sia un patrimonio artistico eccezionale che un patrimonio altamente simbolico e identitario, per quelle città e le loro comunità e per il Libano (e il mondo) intero. Circa 80mila persone vivono intorno alla città-capoluogo immersa nella valle della Beka’a, tra Libano e Siria. A loro, secondo le stime dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, si sono aggiunti circa 44mila sfollati da altre zone del paese.
L’esercito israeliano ha detto di «puntare alle attività di Hezbollah in città», ma non ha fornito ulteriori dettagli. Il sindaco Bachir Khodr ha chiesto ai residenti di andare nei rifugi a nord, in direzione Arsal, dove già altri abitanti dell’area si erano messi al riparo dopo l’inizio l’escalation oltre un mese fa. Sono decine di migliaia i libanesi in fuga da Baalbek.
L’ordine arriva dopo che i bombardamenti intensi di lunedì avevano ucciso almeno 60 persone nell’area intorno alla città. Non si fermano neanche i bombardamenti sul sud e l’est del paese. Ancora sotto assedio le città costiere di Tiro e Saida e quella di Nabatieh, verso l’interno montuoso. Anche la periferia sud di Beirut, la Dahieh, è ancora bersaglio dell’aviazione israeliana.
Nella valle della Bekaa molti dei valichi di frontiera con la Siria sono stati messi fuori uso dall’esercito israeliano, per limitare i rifornimenti di Hezbollah via Siria, ma ciò costringe sia tanti rifugiati siriani che qualche libanese a non poter attraversare il confine. Hezbollah continua a lanciare razzi sulle postazioni militari nel nord di Israele. Ieri mattina ha annunciato di aver lanciato un attacco contro la caserma di Tirat Carmel, sud di Haifa, e nonostante i duri colpi ricevuti, non dà segni di resa.
IERI POMERIGGIO il nuovo segretario generale del Partito di Dio Naim Qassem, appena eletto, ha pronunciato un discorso alle tre, ora libanese. Qassem succede ad Hassan Nasrallah, leader del partito-milizia dal 1992 al 27 settembre scorso, quando è stato ucciso in un violentissimo attacco aereo in cui sono stati rasi al suolo sei palazzi nel centro della Dahieh. Dopo l’uccisione del suo più probabile successore, Hashem Safieddine, Qassem rappresenta una scelta di coerenza e continuità, con un programma che sarà un «prolungamento» di quello del suo predecessore, come ha egli stesso detto ieri.
«Non elemosineremo un cessate il fuoco. (…) Se Israele decide di fermare l’aggressione, noi approveremo, ma solo se troveremo le condizioni accettabili» ha sostenuto il neo-leader. Lunedì sera Netanyahu si era incontrato con alcuni ministri israeliani per discutere di un eventuale cessate il fuoco sul fronte nord. In totale rotta di collisione con il ministro della difesa Yoav Gallant, dal quale è stato pubblicamente ammonito qualche giorno fa di non avere obiettivi chiari in questa guerra, il premier israeliano comincia a valutare opzioni diverse. Forse in parte motivato dalle perdite che l’esercito israeliano, nelle ridotte incursioni di terra contro Hezbollah, sta subendo.
«Bisogna avere ancora un po’ di pazienza, sappiamo quello che state passando. Resteremo insieme e ricostruiremo insieme – ha detto dice Qassem rivolto alla comunità sciita – Hezbollah continuerà a combattere. (…) Resterà sul campo e sulla scena politica e ne uscirà ancora più forte». Questa in sintesi la linea, alla ricerca di un cessate il fuoco non svantaggioso e che, a quanto pare, lasci a Hezbollah la ricostruzione.
Ha poi riconfermato l’apprezzamento per lo sforzo diplomatico di Nabih Berri, capo dell’altro partito sciita Amal, e presidente del parlamento, anello di congiunzione tra il Partito di Dio, lo stato libanese e la diplomazia internazionale. Berri ha insistito, in un’intervista di ieri al quotidiano al-Sharq al-Awsat, sul fatto che i dirigenti libanesi non siano disposti a modificare le condizioni della risoluzione 1701 dell’Onu, che prevede il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, la fine delle violazioni dello spazio aereo, il disarmo di Hezbollah, il rispetto della sovranità libanese da parte di tutte le forze e il rafforzamento dell’esercito libanese. Ieri sera il premier libanese Mikati si è detto «cautamente» speranzoso di un cessate in fuoco «nelle prossime ore», dopo una conversazione con l’emissario Usa Hochstein, sulla via di Tel Aviv.
IL BILANCIO aggiornato ieri dal ministero della salute è di 2.822 uccisi e 12.937 feriti in oltre un anno di guerra in Libano. Save the Children ha denunciato la morte di oltre 100 bambini solo nelle ultime cinque settimane, nei bombardamenti israeliani. Almeno due bambini al giorno.
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