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Francia Márquez: la voce di «los nadies» sfida gli oppressori

Francia Márquez: la voce di «los nadies» sfida gli oppressoriBogotà 29 maggio, Francia Márquez festeggia la vittoria al primo turno con i suoi supporter – Ap

Colombia al bivio L’attivista afrocolombiana candidata alla vicepresidenza con Pacto Historico, oggi al ballottaggio contro l’estrema destra

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 19 giugno 2022

C’era tanta gente, nella Plaza de los Periodistas a Bogotá, ad ascoltare il discorso di Francia Márquez, la leader afrocolombiana, femminista e ambientalista candidata per il Pacto Histórico alla vicepresidenza del paese. Era il 21 maggio, la “giornata della afro-colombianità”, e l’avvocata 40enne aveva voluto celebrarla con una festa del “vivir sabroso”, uno degli slogan principali della sua campagna elettorale: un concetto, non molto dissimile dal buen vivir indigeno, relativo a un modello di organizzazione sociale, economica, culturale e spirituale centrato sull’armonia tra gli esseri umani e con la natura. Non certo un invito a godersi la vita, come qualcuno ha avuto interesse a sostenere, ma un’affermazione di vita con dignità, con garanzia di diritti, senza paura.
Quel discorso, però, Márquez aveva dovuto terminarlo coperta dagli scudi anti-proiettile, alzati dalla polizia quando, da un edificio antistante, un laser verde era stato puntato sulla sua testa, ancora più inquietante a fronte delle minacce di morte e degli attentati di cui era stata già vittima. Si sarebbe saputo poi che l’autore del gesto era uno studente di 18 anni, presentatosi spontaneamente alla polizia con il suo avvocato per autodenunciarsi e chiedere scusa. Ma quella della candidata alla vicepresidenza costretta a parlare dietro gli scudi della polizia era intanto diventata l’immagine più iconica del processo elettorale, il simbolo del bivio di fronte a cui si trova la popolazione colombiana: la scelta, al ballottaggio di oggi in Colombia, tra gli oppressori di sempre e “los nadies y las nadies”, quei “nessuno” che, nelle parole di Eduardo Galeano, «costano meno del proiettile che li uccide», vittime nei secoli di disuguaglianze di etnia, di genere e di classe.

«Afrocolombiani e indigeni, che rappresentano rispettivamente circa il 10% e il 4,5% della popolazione, presentano i più alti indici di analfabetismo e di povertà e risultano praticamente assenti dalla scena politica. Le loro condizioni di vita sono espressione della profonda discriminazione strutturale che esiste nel paese», ci spiega Alberto Yepes, coordinatore dell’Observatorio de Derechos Humanos y Derecho Humanitario.

È A LORO e a tutti quelli che sono stati ignorati ed esclusi dalla vita politica e sociale che ha dato visibilità Francia Márquez, lei che la povertà l’ha conosciuta da vicino. Nata nel Cauca in un villaggio abitato da discendenti degli schiavi africani, aveva cominciato a lavorare a 12 anni, a 16 era rimasta incinta, senza neppure rendersene conto, e a 20 anni aveva partorito il secondo figlio. Aveva dovuto così lavorare come domestica – «Mi sentivo come una schiava», ha raccontato – per dar da mangiare ai suoi due bambini, che ha cresciuto sola, senza i rispettivi padri. Oggi Carlos Adrián studia medicina a Cuba, mentre Kevin studia a Houston. Si sa che ha un compagno, ma sulla sua vita privata non trapela mai nulla.
L’impegno in difesa del suo territorio era iniziato quando aveva 15 anni e non si è mai interrotto. Nel 2014, per protestare contro l’estrazione mineraria illegale nello stato, avrebbe organizzato insieme ad altre 80 donne una marcia di più di 500 km verso Bogotá passata alla storia come «Marcia dei turbanti», dai copricapi tradizionali africani indossati dalle donne. Quattro anni più tardi sarebbe arrivato il Premio Golden, il Nobel per l’ambiente.
A capo del movimento «Soy porque somos», un concetto ispirato alla filosofia africana Ubuntu che riconosce l’interconnessione tra tutti gli esseri, è stata la grande rivelazione delle primarie del 14 marzo, quando, all’interno del Pacto Histórico, è giunta seconda dietro a Gustavo Petro con più di 783mila voti e la terza più votata in assoluto. Un successo che ha indotto Petro a sceglierla come vice e, in caso di vittoria, a creare per lei un ministero dell’uguaglianza.
Le hanno rimproverato di non avere esperienza politica. Ha risposto: «Certo che ce l’ho. La mia esperienza è la difesa dei territori, la protezione dell’ambiente e la lotta per poter vivere in pace». Le hanno anche rimproverato di maltrattare lo spagnolo, a causa del suo utilizzo di un linguaggio rigorosamente inclusivo. E lei ha reagito spiegando che non esiste «una sola forma di definizione» e che non comprenderlo significa «non riconoscere che siamo un mondo di colori». Le parole, peraltro, lei che studia anche scrittura creativa, le usa in maniera precisa: non dice poveri, ma impoveriti, non schiavi, ma schiavizzati.

SONO TANTE LE SPERANZE che “los nadies” ripongono in lei. Ma la sfiducia nello stato è tale che c’è pure chi non si fa illusioni. «In uno stato che sottomette, violenta, massacra e deruba, soprattutto neri e indigeni, una donna nera come vicepresidente rischia semplicemente di legittimare questo ordine di terrore capitalista, limitandosi ad amministrare il saccheggio di risorse della madre terra e a garantire appena quel tanto che lo stato è disposto a concedere a noi donne nere, indigene e contadine», ci dice l’indigena nasa-misak Vilma Almendra. E, aggiunge, se c’è chi pensa che almeno per quattro anni i movimenti popolari avrebbero la possibilità di respirare e accumulare forze, gli esempi di altri paesi mostrano quanto in realtà sia più difficile lottare contro i propri compagni arrivati al potere che contro la destra fascista».

PIÙ OTTIMISTA si mostra invece Clara Mazo López della Ruta pacífica de las mujeres, convinta che, «come leader sociale impegnata nella difesa dei territori e delle persone spogliate dei loro diritti, Francia darebbe un nuovo significato politico alla sua carica, lavorando per la pace e la giustizia sociale, “hasta que se haga costumbre la dignidad”, come recita uno degli slogan della sua campagna».

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