Francia, la sinistra cerca un premier. La bolla Rn si sgonfia
Bisogna saper vincere Lfi fa tre nomi, il socialista Faure propone se stesso. Si muovono anche i macroniani ma aumentano le crepe. Le Pen indagata. Bardella ammette «errori». Si dimette il reclutatore dei candidati, Gilles Pennelle
Bisogna saper vincere Lfi fa tre nomi, il socialista Faure propone se stesso. Si muovono anche i macroniani ma aumentano le crepe. Le Pen indagata. Bardella ammette «errori». Si dimette il reclutatore dei candidati, Gilles Pennelle
Lasciar decantare. A due giorni dal voto, c’è come un accordo tacito: aspettare che tutti prendano posizione, che la situazione si chiarisca, soprattutto all’interno dello schieramento vincitore, il Nuovo Fronte Popolare.
Il «chiarimento» che Emmanuel Macron ha cercato con lo scioglimento azzardato dell’Assemblée Nationale è riuscito a metà, il Rassemblement national ha mostrato subito di non avere le personalità, la stoffa, l’altezza e anche la moralità per entrare nelle stanze del potere. Ma i suoi 10 milioni di voti pesano enormemente, sullo sfondo.
IL NUOVO FRONTE Popolare cerca un nome da proporre per la carica di primo ministro e anche una linea rispetto alle coalizioni, necessarie in mancanza di maggioranza, per evitare di governare per decreto e con l’articolo 49.3 (fiducia), tanto criticato con il governo Borne.
C’è un po’ di tempo, ma non troppo. Il segretario generale del Ps, Pierre Jouvet, è lucido: «Se non andiamo avanti, Macron ci ruberà la vittoria».
Difatti, anche a destra si muovono e ieri sera la partenza del presidente (questa mattina) per Washington, dove si svolge il vertice dei 75 anni della Nato, era in forse.
Macron ha ricevuto Gérald Darmanin, che resta per il momento ministro degli Interni, ma coltiva grandi ambizioni, immediate e a lungo termine (presidenziali 2027).
Un governo Darmanin? Con chi? La somma di Ensemble e di Lr non dà una maggioranza, tanto più che l’area Macron mostra molte crepe e divisioni sempre più profonde tra l’ala che viene dal Ps e quella della destra. Ma per l’ex primo ministro Jean-Pierre Raffarin «la chiave è Lr», perché l’alternativa è «o con Lr o con La France Insoumise».
Peccato che a Lr c’è già chi dice che gli eredi lontani del gollismo devono sotterrare il partito, cambiare nome e tutto il funzionamento: è la tesi del contestatore populista Aurélien Pradié e ha dei dubbi persino il capogruppo al Senato, Bruno Retallieau.
Intanto, l’ex presidente, Eric Ciotti, che si è alleato con il Rassemblement national, ieri ha fondato il suo gruppo con i 17 deputati che ha fatto eleggere: A droite! (A destra!).
A SINISTRA, IL SEGRETARIO del Ps, Olivier Faure, si è candidato a primo ministro. «Sono pronto ad assumere questa funzione», e avverte: «Non ci possono essere pretese di egemonia, volontà di imporsi ad altri, il Nfp funzionerà solo a una condizione, che ci sia consenso».
Per la socialista Johanna Rolland, sindaca di Nantes, bisogna cercare una coalizione, con i «macronisti di sinistra». La France Insoumise promuove i suoi: oltre a Jean-Luc Mélenchon, sono stati fatti i nomi di Mathilede Panot e di Clémence Guetté, entrambe vicine al leader. Per Europa Ecologia, Yannick Jodot ribatte: il primo ministro di sinistra sia «qualcuno capace di allargare la base del Nfp», e pensa a «una personalità della società civile». Per il sindaco di Marsiglia, Benoît Payan (indipendente vicino al Ps), solo «un socialista può calmare la Francia».
Raphaël Glucksmann è a Bruxelles, non partecipa alle trattative. Da Renaissance (il partito di Macron) alcuni avvertono che se ci sarà anche un solo ministro di Lfi in un eventuale governo a guida Nfp, ci sarà un voto di censura.
BISOGNERÀ ASPETTARE la prima seduta dell’Assemblée nationale per vederci più chiaro sui gruppi. Verdi e Lfi si preparano a «sbarrare la strada» al Rn per impedire all’estrema destra di occupare posti-chiave, sul modello del cordone sanitario esistente al Parlamento europeo (nell’Assemblea uscente Rn aveva 2 vice-presidenze e adesso già protesta per il barrage che si sta costruendo: «È anti democratico»).
La presidenza resterà a una donna? La presidente uscente, Yaël Braun-Pivet (Renaissance) si ricandida, la sfida Sandrine Rousseau (Verdi).
Intanto, la bolla Rn si sgonfia sull’onda della sconfitta del secondo turno. Non solo Jordan Bardella ammette «errori» e il reclutatore dei candidati nonché ideatore del fantomatico «Piano Matignon», Gilles Pennelle, si è dimesso, dopo che sono venute fuori varie derive razziste, antisemite, omofobe ecc. di alcuni Rn.
È stata aperta una nuova inchiesta giudiziaria per sospetti di illeciti finanziari relativi alla campagna delle presidenziali del 2022 di Marine Le Pen, si tratta di un prestito di 316mila euro (sugli 11,5 milioni spesi nella campagna e poi rimborsati dallo stato).
Nella campagna del 2017 c’è stata un’inchiesta su 873mila euro e già una condanna sulla sovrafatturazione dei «kit di campagna» che Rn ha venduto ai candidati (e se non avevano i soldi, più di 16mila euro, c’era un prestito Rn a tasso di usura).
Il 30 settembre si apre il processo a Marine Le Pen e altri 24 esponenti Rn per la truffa al Parlamento europeo sugli assistenti parlamentari.
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