Fosse comuni, stupri e distruzioni. Il Mali in versione filo-russa
I dubbi su un massacro presentato come «successo nella lotta al terrorismo jihadista» Resta off limits l'area di Moura, teatro di una battaglia durata 5 giorni e di una strage di civili che chiama in causa esercito e mercenari del gruppo Wagner
I dubbi su un massacro presentato come «successo nella lotta al terrorismo jihadista» Resta off limits l'area di Moura, teatro di una battaglia durata 5 giorni e di una strage di civili che chiama in causa esercito e mercenari del gruppo Wagner
La giunta militare al potere in Mali non sta riuscendo nel suo intento di vincere sul campo l’insurrezione islamista che sta devastando il Paese da un decennio, nonostante gli interventi delle Nazioni unite, della Francia e, oggi, della Russia. Anzi, le cose sembrano andare sempre peggio e il territorio del Mali assomiglia sempre più a un nuovo terreno di scontro tra la Russia e l’occidente: potenze che sembrano più preoccupate di colpirsi a vicenda che di sconfiggere il jihadismo nel Sahel, soprattutto dopo l’arrivo del gruppo russo Wagner a Bamako e la partenza delle forze francesi ed europee Barkhane ed Eutm.
IL MASSACRO DI MOURA della fine di marzo, una cittadina di circa 10 mila abitanti nella regione del Mopti nel Mali centro-meridionale, è stato comunicato da Bamako come «un’operazione antiterrorismo di successo» in cui sarebbero caduti centinaia di «terroristi». Tuttavia, con il passare dei giorni diversi rapporti di ong e testimonianze oculari delineano sempre più uno scenario da strage di civili, operata dalle forze armate maliane con il sostegno dei russi della Wagner.
IL GIORNO DELL’ATTACCO, a Moura si teneva il mercato del bestiame, a poche ore dall’inizio del Ramadan. Secondo Human Rights Watch, nel corso di diversi giorni di operazione militare centinaia di civili sarebbero stati giustiziati: l’esercito maliano ha spiegato che le informazioni d’intelligence suggerivano un meeting tra diversi dirigenti di Macina (gruppo legato ad al-Qaeda), con i loro battaglioni appena fuori la città. Secondo le ricostruzioni più accreditate questi si sarebbero dispersi nel mercato e Moura sarebbe rimasta al centro della battaglia per cinque giorni. Amnesty International, diverse associazioni e fonti locali affermano che tra le 200 e le 400 persone sarebbero rimaste uccise nell’assedio, che ha lasciato dietro di sé fosse comuni, stupri, case e negozi distrutti.
I FATTI SONO TUTTAVIA ancora molto poco chiari e altrettanto lo sono le condizioni attuali della popolazione civile. Diverse testimonianze raccontano che mentre le forze armate del Mali ingaggiavano la battaglia gli uomini della Wagner si occupavano di giustiziare prigionieri e civili, in uno scenario da assedio. Altrettanto vero è che non ci sono evidenze dell’effettiva presenza di uomini del gruppo paramilitare russo Wagner durante quell’operazione militare: le forze armate maliane non hanno mai indicato, nei loro comunicati ufficiali, il supporto di qualcuno di esterno all’esercito e più in generale la giunta militare al potere a Bamako non ha mai confermato, né smentito, un accordo con il gruppo Wagner. Ufficialmente c’è solo una dichiarazione, dell’autunno scorso, in cui si parlava di «contatti con operatori privati».
LA PRESENZA DEL GRUPPO Wagner in Mali è una delle ragioni su cui poggia la decisione di Parigi di chiudere l’operazione antiterrorismo Barkhane nel Paese e, più in generale, di tutti i recenti dissidi internazionali del Mali, isolato anche a livello regionale dalla Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas).
Dopo giorni di pressioni la giunta militare ha annunciato l’apertura di un’inchiesta ma l’area di Moura è ancora interdetta ai caschi blu della Minusma e al personale delle Nazioni unite, nonostante le pressioni internazionali su Bamako affinché faccia chiarezza su quanto accaduto.
Russia e Cina, in Consiglio di Sicurezza all’Onu, hanno espresso il proprio veto opponendosi a indagini indipendenti sui fatti di Moura. Il ministero degli Esteri russo, tramite la portavoce Maria Zakharova, si è congratulato con Bamako «per questa importante vittoria nella lotta contro la minaccia terroristica» e ha stuzzicato la Francia affermando che «va notato come questo successo sia stato ottenuto dall’esercito maliano sullo sfondo del continuo ritiro dal Mali delle truppe francesi». Sulle accuse agli uomini della Wagner Zakharova ha parlato di una «campagna di disinformazione contro la Russia legata al conflitto in Ucraina».
ALLA FINE DI MARZO la giunta militare ha ricevuto un attesissimo regalo da Mosca: due elicotteri da guerra e sistemi radar, frutto di un accordo precedente al golpe del 2020 che ha portato al potere “il russo” di Bamako, il colonnello Assimi Goita. Un esempio di come il Mali guardi già da diverso tempo oltre le alleanze tradizionali; una rottura col passato che ha gettato il Paese in uno scontro geopolitico pericoloso. Il ministero della Difesa del Regno Unito ha accusato Bamako, questa settimana, di avere sparato da un elicottero di fabbricazione russa sei razzi in prossimità di un distaccamento del personale britannico della missione Onu “Minusma” a Tessit, vicino Gao.
Un atto «gravissimo», dice Londra, anche perché l’aeronautica maliana è sprovvista di elicotteristi in grado di pilotare quei mezzi, che vengono condotti da operatori russi assistiti da copiloti maliani.
VISTA DA QUESTA PROSPETTIVA il Mali oggi somiglia molto ad un’Ucraina africana, con la differenza che la Russia non è un invasore ma un partner. Il partner. Russia a parte, il Paese è sempre più isolato e questo non produrrà nulla di buono in futuro.
Solo la Germania ancora non ha deciso cosa fare dei 1300 militari dispiegati nelle due missioni internazionali in Mali. Questa settimana una delegazione guidata dalla ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha incontrato i vertici della giunta militare e ha assicurato che la Germania non interromperà la sua cooperazione militare con il Mali, seppur dovendosi accodare alla decisione europea di ritirare la missione Eutm.
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