I fondali marini sono senz’altro uno scenario alternativo da cui guardare alla Giornata mondiale dell’acqua delle Nazioni Unite. E mentre a New York è in corso, fino al 24 marzo, la UN 2023 Water Conference, da cui scaturirà anche un’Agenda d’azione per l’acqua, ha senso osservare quello che accade invece a Kingston, dove si sta riunendo l’Autorità internazionale dei fondali marini, un organismo nato sempre in seno alle Nazioni Unite che ha giurisdizione sul 54% dell’area totale degli oceani globali. Una superficie misurabile ma difficile da immaginare.
Istituita dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) del 1982, l’ISA ha 168 membri, tra cui 167 Stati membri e l’Unione europea. Il mandato dell’ISA è quello di preservare i fondali marini internazionali e controllare tutte le attività legate ai minerali, compreso il rilascio di licenze. Finora ha rilasciato licenze di esplorazione, 19 per noduli di manganese, 7 per solfuri massicci e 4 per croste di manganese.

In questi giorni, i delegati riuniti in Giamaica stanno faticosamente provando a trovare un accordo sulle misure ambientali da prendere per tutelare i fondali marini. Faticosamente perché è scoppiato un caso che coinvolge il segretario generale dell’organizzazione, Michael Lodge, che in un video del 2018, ripreso da un’inchiesta del Los Angeles Times nel 2022, avrebbe affermato: «Le risorse terrestri stanno diventando sempre più difficili da raggiungere. Abbiamo già preso le risorse migliori». Nel video Lodge scrutava gli schermi dei computer della nave DeepGreen, impegnata in attività di esplorazione sottomarina.

Ieri, in occasione del World Water Day, gli attivisti di Greenpeace Svizzera hanno interrotto il discorso dell’amministratore delegato di un’azienda impegnata in questo tipo di attività, The Metals Company, durante un incontro internazionale per gli investitori a Zurigo, per sottolineare i rischi dell’estrazione in alto mare. Gli attivisti tenevano striscioni con la scritta «Stop Deep Sea Mining», visibili alle spalle di Gerard Barron attraverso una finestra della sala conferenze The Dolder Grand.
Come ha spiegato Iris Menn, biologa marina e direttore esecutivo di Greenpeace Svizzera, «le profondità marine sono uno degli habitat più vasti e uno degli ultimi ecosistemi appena toccati. Lo sfruttamento commerciale distruggerebbe la sua biodiversità e rischierebbe di rilasciare il carbonio dannoso per il clima immagazzinato nei suoi sedimenti. Le società di estrazione in alto mare promettono di offrire un futuro verde basato su metalli che gli studi dimostrano che i fondali marini semplicemente non sono in grado di fornire. Le banche e gli investitori dovrebbero stare alla larga da questo greenwash e rompere i legami con le imprese che sono incompatibili con un futuro sostenibile».

In Giamaica c’è Arlo Hemphill, Campaigner Oceans di Greenpeace USA: «Il signor Lodge è stato visto in stretto contatto con i membri dell’industria. Ha persino partecipato a uno dei video promozionali della società Barron’s».

L’opposizione internazionale a questa attività rischiosa sta crescendo. Aziende come BMW, Volvo, Google e Samsung si sono impegnate a escludere l’uso di minerali estratti dagli oceani, mentre più di 700 scienziati di 44 Paesi hanno firmato un appello «per mettere in pausa l’estrazione dai fondali marini profondi» riporta Greenepeace, aggiungendo che secondo gli analisti della società di consulenza londinese Watson, Farley & Williams potrebbe risultare difficile o addirittura impossibile giustificare gli investimenti nell’estrazione in acque profonde.

Tra i Paesi che hanno preso posizione mentre sono in corso i negoziati a Kingston c’è il Costa Rica, in Centro America. «Gli Stati membri devono guidare l’Autorità internazionale dei fondali marini: le decisioni devono venire da loro e non devono essere spinte da chi ha solo compiti amministrativi.
Lo sfruttamento dei fondali marini non può essere affrettato a causa degli interessi economici di pochi» ha scritto su Twitter Gina Guillen Grillo, ambasciatrice, direttore generale per la politica estera del Paese. Il presidente Rodrigo Chaves Robles ha parlato contro l’estrazione in alto mare senza le dovute precauzioni: «Nel dubbio, non farlo». Il problema principale, secondo un diplomatico tedesco citato da un articolo uscito sul Guardian è che Lodge avrebbe il dovere di neutralità ma ha oltrepassato il suo ruolo nel resistere alle misure proposte da alcuni membri del Consiglio che potrebbero rallentare l’approvazione delle prime proposte minerarie. Eppure è chiaro, ancor più dopo la pubblicazione dell’ultimo report Ipcc, che dovremmo ridurre le estrazione minerarie e – più in generale – lo sfruttamento di ogni risorsa naturale. Anche quelle dei fondali marini.