Lavoro

«Finalmente il tavolo auto: serve un piano di settore»

«Finalmente il tavolo auto: serve un piano di settore»Una sede di Fca in disarmo

Intervista a Michele De Palma «Diversamente da tutti gli altri Patuanelli ha avuto il coraggio di affrontare la crisi. Il ritardo è grave ma possiamo recuperare: investimenti e cambio tecnologico e generazionale»

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 18 ottobre 2019

Michele De Palma, segretario nazionale della Fiom, chiedevate un tavolo nazionale sull’automotive fin dai tempi del primo referendum di Marchionne a Pomigliano nel 2010. Ora finalmente un governo vi ascolta e la richiesta si avvera.
Sì, domani (oggi) pomeriggio saremo al Mise. La novità è data dal fatto che il governo attuale col ministro Patuanelli, a differenza di tutti quelli precedenti, ha avuto il coraggio di affrontare una crisi sotto gli occhi di tutti da anni.

ll segretario nazionale della Fiom Michele De Palma

Il ritardo – ad esempio rispetto alla scelta del motore elettrico – però è tantissimo e recuperarlo è arduo.
L’elemento fondamentale è fatto dagli interlocutori. Questo tavolo non potrà essere una kermesse. Patuanelli ha chiamato Fca e Cnh e tutte le imprese della componentistica. Il ritardo accumulato è oggettivo e lo vediamo per esempio nel caso di Magneti Marelli venduta solo un anno fa ai giapponesi di Calsonic Kansei che invece di investire in un gioiello stanno disinvestendo sia in patria che qui. Ma siamo in un momento di grande cambiamento nel settore e l’Italia ha le capacità – dalle università ai tecnici – per una trasformazione anche in tempi brevi.

Quale deve essere secondo la Fiom l’obiettivo del tavolo al Mise?
Il riferimento deve essere saturare la capacità produttiva del nostro paese che, per fortuna, è ancora di ben 1,5 milioni di auto l’anno. I piani di Fca che si sono succeduti in questi anni non ci sono mai riusciti e allora questa crisi deve essere l’occasione per preparare investimenti per la rigenerazione tecnologica degli stabilimenti da cui discende una riconversione di tutta la componentistica. Serve quindi un vero intervento di settore da parte del governo che accompagni questo cambiamento epocale verso produzioni ambientalmente sostenibili anche consentendo un ricambio generazionale nelle fabbriche: consentire a chi è stato bloccato dalla Fornero di poter andare in pensione, facendo entrare giovani preparati.

Non c’è il rischio che finisca con i soliti incentivi e soldi pubblici all’ex Fiat?
La crisi sta colpendo le fabbriche di assemblaggio come le fonderie del Nord Est. È l’ecosistema dell’auto a vivere una rivoluzione con il cambiamento tecnologico di ogni componente, dai propulsori agli optional. Per questo serve un intervento di settore reale che preveda da una parte sostegno agli investimenti delle imprese e dall’altra ammortizzatori per i lavoratori perché non paghino conseguenze. In questi anni siamo sempre stati convocati dal Mise per gestire singole vertenze aziendali. Si tratta però del ministero dello Sviluppo economico e allora bisogna puntare ad attirare in Italia altri produttori perché con il monopolio di Fca la china intrapresa dalla crisi rischia di peggiorare. In più anche la componentistica italiana che lavora per i giganti tedeschi dell’auto inizia a risentire del rallentamento del paese che è la locomotiva dell’auto.

Come si colloca il tavolo dell’auto rispetto all’unità con Fim e Uilm che in Fca pare ancora una chimera?
Con Fim e Uilm stiamo per la prima volta affrontando un tavolo unitario in Cnh. Stiamo scioperando e mobilitandoci insieme contro la chiusura di Pregnana Milanese. In un momento come questo i lavoratori non capirebbero il perpetuare delle divisioni perché questa crisi non si può affrontare stabilimento per stabilimento, ma solo tutta assieme.

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