La convocazione dei giudici e l’avviso di garanzia sono arrivati con 24 ore di anticipo, su richiesta degli avvocati, che hanno voluto evitare le foto e la ressa dei giornalisti. François Fillon, candidato Lr (Les Républicains) alla presidenza della repubblica, è ormai ufficialmente indagato per «appropriazione indebita di fondi pubblici», «complicità», «non rispetto degli obblighi di trasparenza della vita pubblica». Fillon ha rifiutato ieri di rispondere ai magistrati e si è limitato a leggere una breve dichiarazione. Penelope Fillon è convocata per il 28 marzo e per ora non è indagata.

I fatti riguardano l’impiego della moglie Penelope, lautamente pagata (fino a più di 9mila euro al mese) per un lavoro di assistente parlamentare che la famiglia Fillon ha difficoltà a provare. Ci sono anche gli impieghi di due dei cinque figli della coppia, assunti come assistenti mentre erano ancora studenti, degli «stage» lautamente pagati, senza comune misura con quello che vivono tutti i giorni i giovani francesi. Tra l’altro, è venuto fuori, senza che l’informazione sia stata smentita, che i due figli hanno fatto dei consistenti versamenti sul conto congiunto dei Fillon con il denaro che avevano intascato per i famosi «stage».

L’avvocato della figlia sostiene che Marie avrebbe restituito i soldi del matrimonio, quello del figlio Charles che il ragazzo avrebbe ripagato degli affitti e la «paghetta» datagli dalla famiglia. Con il dettaglio che i soldi venivano dallo stato. Altre storie affiorano, e tutte evidenziano un rapporto problematico con il denaro del candidato Fillon. Domenica è arrivata la rivelazione sui completi giacca e cravatta, quasi 50mila euro, 35.500 dal 2012, fatti su misura dalla boutique di lusso Arnys della rue de Sèvres, pagati da un generoso donatore. «E allora?» è stata la sola risposta che ha trovato Fillon per giustificare le sue giacche «collo Mao» a 6.500 euro l’una, degli esemplari di giacca Forestière, disegnata per lui dall’architetto Le Corbusier e portata in passato anche da Picasso e Marcello Mastroianni.

I magistrati non hanno stabilito una data per l’interrogatorio di Fillon. Probabilmente, le elezioni passeranno senza intoppi. Resta il problema di fondo: il candidato della destra non riesce più a parlare dei problemi della Francia e del suo programma lacrime e sangue (per gli altri), è indebolito e messo all’angolo. Mai una presidenziale è stata così attraversata da sospetti e accuse. Sotto inchiesta è anche Marine Le Pen, da un lato per gli impieghi fittizi al Parlamento europeo (collaboratori pagati da Bruxelles, che lavoravano però solo per il Fronte nazionale in Francia), e dall’altro per sospetta frode fiscale. Su questo, due procedure sono in corso sulla sottovalutazione del valore della lussuosa proprietà dei Le Pen a Montretout e di quella di Rueil-Malmaison, sottovalutazione che ha fatto risparmiare alla candidata del Fronte nazionale il versamento dell’Isf, l’imposta patrimoniale. Un’inchiesta è in corso anche su Havas, che Emmanuel Macron avrebbe «favorito», senza passare per un appalto pubblico, in occasione dell’organizzazione di una serata a Las Vegas, quando era ministro (costata ben 382mila euro). E l’organizzazione Anticor chiede un’analisi del patrimonio di Macron, che negli anni alla banca Rothschild aveva guadagnato quasi 3 milioni di euro, poi «svaniti» nella valutazione del patrimonio.

Fillon e Le Pen, per difendersi, non hanno trovato di meglio che accusare i magistrati, di sospettarli di essere manovrati dal governo socialista. Fillon si sta spostando sempre più su posizioni che Marine Le Pen non rinnegherebbe. Sul suo sito c’è stata persino una caricatura di Macron con caratteri antisemiti.

Il risultato sarà probabilmente una spinta all’astensione. Le Pen potrebbe trarne profitto. Non Fillon, che pur avendo giocato la piazza contro «l’élite» sembra solo aver consolidato il suo elettorato più estremista, ma non dovrebbe passare il primo turno. «Una repubblica delle banane» hanno commentato in molti ieri.