Nell’universo della rete, una sottocultura emergente suscita l’interesse di studiosi e media: si tratta delle “Femcel”. Chi sono queste donne che si identificano come “incel” femminili, neologismo derivante dalla fusione di “involuntary” e “celibate”? Cosa ci insegnano sulla natura mutevole dell’odio veicolato online? Cosa sul discorso d’odio,  che in filosofia del linguaggio viene definito “hate speech” (ovvero tutti quei discorsi e quelle parole contenenti minacce, epiteti denigratori e sessisti, etc. che mirano ad escludere, umiliare o addirittura deumanizzare l’Altro)?

La questione dell’Inceldom

Prima di affrontare la questione delle Femcel, è cruciale rivolgere l’attenzione ai più noti Incel, gli involuntary celibate uomini. Nel corso degli ultimi anni, la crescente minaccia derivante da questa sottocultura ha scosso il tessuto sociale con un impatto profondamente inquietante e sinistro (come evidenziato, ad esempio, dallo studio di Caruso, P., Merzagora, I., Travaini, G., 2021, intitolato “La comunità incel tra stragi e terrorismo”).

Dal 2014 fino ad oggi, più di dieci attacchi e sparatorie di massa si sono verificati in diverse parti del pianeta, alimentati da un’ideologia misogina radicata. Dati e relazioni hanno messo in luce un preoccupante allineamento di questo movimento con l’odio di genere e la violenza estrema, suscitando gravi preoccupazioni per la sicurezza e la coesione sociale. L’ampia attenzione e l’interesse spesso ossessivo nei confronti del fenomeno dei “celibi involontari”, unitamente all’anonimato e all’egocentrismo che caratterizzano questa sottocultura, hanno spinto spesso i media a tracciarne un ritratto ambiguo e distorto. Una visione predominante suggerisce che ogni Incel sia simile agli altri Incel nell’identificarsi con gruppi di individui che si considerano “sfigati che non fanno sesso”, ignorando di conseguenza gli aspetti sociali e ideologici sottostanti al fenomeno. Un aspetto rilevante, finora trascurato, è la presenza anche di donne che vivono la condizione di nubilato involontario.

Il termine “incel” è stato coniato nel 1993, durante le prime fasi di Internet, da una donna che aveva denominato il suo blog (ora non più attivo) “Alana Involuntary Celibacy Project”. Con toni ironici, descriveva la sua condizione di donna vergine e le difficoltà nell’avere una relazione amorosa e affettiva, in qualità di studentessa ventottenne di statistica. Nonostante il sito fosse frequentato sia da donne che da uomini, è stata la predominante aggressività degli uomini a spingere la fondatrice ad allontanarsi. Per anni ha continuato la sua attività ignorando l’evoluzione della connotazione del termine Incel, fino all’attentato misogino di Elliot Rodger nel 2014. In un’intervista a Elle USA, Alana descrive la sensazione di essere “come uno scienziato che inventa qualcosa che finisce per diventare un’arma di guerra”.

L’Universo Femcel e le logiche delle piattaforme digitali: uno scontro che parte online

Nell’attuale panorama delle piattaforme digitali, le donne continuano a frequentare gli ambienti Incel e a creare spazi online dedicati alla discussione sul loro status di nubili involontarie, come alcune community di Reddit tra cui Vindicta, Female Dating Strategy e Red Pill Women, ognuna animata da orientamenti politici e impulsi diversi, che talvolta possono risultare contraddittori. Ricerche condotte su un forum di Reddit chiamato “Trufemcels”, ora bannato, hanno rivelato alcune similitudini con la comunità Incel, come ad esempio le discussioni sull’impatto della bruttezza sulla vita personale e l’assenza di amicizie, nonché la pratica di valutare l’aspetto fisico pubblicando le proprie foto e chiedendo una votazione numerica. Nonostante questa realtà sia stata finora poco esplorata da studi accademici e inchieste giornalistiche, riveste un’importanza significativa data l’ampia portata di odio e discorsi discriminatori alimentati da tali gruppi online. 

Secondo Incels Wiki, una Femcel viene definita come “una donna che afferma di vivere una condizione di celibato involontario o volontario”. La prima comunità Femcel era ospitata in un gruppo di discussione su Yahoo denominato “Loveshy women”, fondato nel 2014. Per dare un’illustrazione visiva della condizione delle Femcel, Incels Wiki presenta una vignetta che ritrae un volto che sembra in procinto di affogare, ma che fa parte di un corpo seduto sul fondo del mare, a simboleggiare l’insensatezza dei problemi delle Femcel. Dalla lettura della pagina del sito emerge chiaramente l’ambivalenza espressa dagli Incel nei confronti delle donne che si identificano all’interno di questa sottocultura.

Per identificarsi come Incel, non è sufficiente sperimentare esclusione nell’ambito dell’amore romantico o incontrare difficoltà nelle relazioni interpersonali, ma richiede l’adozione di un’ideologia radicata nella cosiddetta “pillola rossa” (red pill). Tale ideologia si basa su una visione del mondo binaria e deterministica, che assegna attributi divergenti e inconciliabili agli uomini e alle donne. Uno degli elementi alla base dell’ideologia Incel è rappresentato dall’idea che le donne tendano all’ipergamia, ovvero siano biologicamente predisposte ad attirare più partner sessuali, anche quelli al di sopra delle loro possibilità. Secondo i sostenitori della “pillola rossa”, quindi, una donna non può essere considerata una celibe involontaria. Tale convinzione trova supporto nel fatto che le Femcel ricevano immediata attenzione maschile nel momento in cui rivelano la propria identità all’interno delle comunità Incel. 

Questo aspetto mette in luce un paradosso significativo: nonostante molte donne siano afflitte dall’incapacità di sperimentare relazioni sentimentali o esperienze sessuali soddisfacenti e vivano un senso di inadeguatezza tale da sentirsi escluse dall’interesse maschile, la società in generale sembra ignorare o trascurare in larga misura la loro condizione. La mancanza di rappresentazione delle Femcel nel discorso pubblico non è solo dovuta al fatto che nessuna di loro finora ha trasformato la propria rabbia in violenza contro gli altri, ma riflette anche un disinteresse più ampio per le difficoltà che le donne affrontano.

Le narrazioni diffuse nella cultura pop di donne considerate “brutte” o “zitelle” non spesso corrispondono alla realtà, e suggeriscono che queste donne non saranno destinate a rimanere per sempre sole. Un esempio comune è il cliché della ragazza che, togliendosi gli occhiali, diventa improvvisamente affascinante e seducente. Queste rappresentazioni tendono a rafforzare l’idea radicata che per le donne il sesso sia sempre disponibile e gradito, anche quando non completamente desiderato. Secondo quanto affermato da alcune Femcel, questa mentalità pervasiva ha portato molte di loro a sperimentare relazioni sessuali o romantiche degradanti e disumanizzanti, portando la propria presunta “bruttezza” come motivo di queste esperienze fallimentari.

Mentre i media hanno spesso dipinto gli Incel come una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale, specialmente a seguito di attacchi perpetrati da individui ritenuti associati a questo movimento, è innegabile che la stampa abbia spesso dimostrato una certa comprensione nei confronti della loro narrativa di auto-vittimizzazione. Questo atteggiamento indulgente ha contribuito a trasformare il sentimento di ingiustizia e di abiezione degli Incel in una forma di potere politico, con una maggiore consapevolezza pubblica sulle problematiche, le teorie e le rivendicazioni di questa subcultura (come afferma Jilly Boyce Kay nel libro Imagining “We” in the Age of “I”, 2021). 

D’altra parte, le esperienze delle Femcel sono state largamente escluse da tale processo di legittimazione e l’idea stessa di una “pillola rosa”, benché presente, è generalmente trascurata. La comunità della “pillola rosa” (Pink pill), è al contrario in continua espansione sul web, esprimendo apertamente la propria insoddisfazione e il risentimento nei confronti degli uomini e della società nel suo complesso. Il movimento “Pink Pill” è un fenomeno emergente che affonda le radici nella sfera dell’attivismo online femminile. Un’ideologia nata con l’obiettivo di esporre la verità sugli uomini e di insegnare alle donne come ottenere successo nella sfera delle relazioni durature.

Secondo le sostenitrici del movimento Pink Pill, gli insegnamenti che loro condividono sono uno strumento per far comprendere alle donne la presunta natura malvagia degli uomini e a distinguere gli individui tossici e patologici (rappresentati dagli Incel) da coloro che sono invece capaci di impegnarsi in relazioni sane e appaganti. Il concetto di “Pink Pill” si contrappone a quello della “Red Pill” che, al contrario, è associato a un movimento che sostiene l’idea della supremazia maschile e promuove visioni tradizionali e stereotipate dei ruoli di genere. Mentre la Red Pill adotta una prospettiva che enfatizza la virilità e la conquista sessuale come obiettivi primari, la Pink Pill si focalizza sull’empowerment femminile e sulla consapevolezza dei problemi legati all’oppressione di genere e alla misoginia. In tal senso, il movimento Pink Pill costituisce una reazione e una critica alle idee promosse dalla Red Pill, originando dei veri e propri duelli online fra Incel e Femcel. 

Le donne Pink pillate su Crystalcafe

Esplorando Crystalcafe (un tipo di sito Internet di messaggistica anonima per ragazze e donne), ho scoperto l’esistenza di una comunità di donne pink pillate, ovvero afferenti al movimento della pillola rosa, che si riuniscono online per discutere sia del loro senso di esclusione sessuale e sociale, sia della mancanza di attenzione che questo problema riceve dalla società.

Fondato nel 2017 come alternativa più sicura e accogliente per le donne rispetto ad altre imageboard come 4chan e 8chan, spesso collegate all’estremismo politico, alla violenza, alla misoginia e ai discorsi d’odio in generale, Crystalcafe è una piattaforma in cui è possibile partecipare a discussioni su una varietà di argomenti suddivisi in diversi topic. Nonostante il numero esatto di utenti su Crystalcafe non sia disponibile pubblicamente a causa delle politiche del sito, la piattaforma gode di una certa popolarità tra le donne in cerca di spazi completamente femminili, come evidenziato dall’attività diffusa nelle discussioni giornaliere.

Analogamente ad altre comunità online, Crystalcafe utilizza un linguaggio verbale e visivo caratterizzato dall’uso di meme, termini subculturali e riferimenti alla cultura più ampia del web. I termini di odio e gli insulti più frequenti come “schifoso”, “ritardato”, “bastardo”, “frocio”, “negro”, e gli epiteti denigratori come “moid” (“subumano maschio”) o “scroto” indicano sentimenti principalmente misandrici, ma suggeriscono anche la presenza di omofobia, razzismo, e discriminazione con possibili vittime ricorrenti tra uomini, persone di colore, la comunità LGBTQ+ e persone con disabilità. Tra i commenti che riflettono il nucleo delle opinioni delle donne pink pillate, alcuni emergono per la loro violenza verbale e i toni disumanizzanti e feroci:

“Odio i Moid, tutto quello che sanno fare è essere misogini e commettere crimini violenti.”

“I Moid non sono capaci di provare amore”. 

“Se qualche moid sta leggendo questo, sappi solo che sei generalmente subumano e meriti di morire miseramente e da solo”.

“Dovremmo incatenare uomini così insieme negli scantinati e dar loro fuoco. Fanculo i processi, fanculo la prigione, e prima dovremmo cavargli tutti gli occhi”.

Il senso di isolamento e la sofferenza delle Femcel derivano spesso dall’idea che tutti gli uomini siano simili, ossessionati dal sesso e dal porno, pervertiti e talvolta persino pedofili. Queste convinzioni sono frequentemente rinforzate all’interno di spazi online, dove si è esposti solo, o quasi esclusivamente, a opinioni che concordano con la propria e confermano il proprio punto di vista in merito a determinati temi o argomenti: è il fenomeno della cosiddetta “echo-chamber”. Su queste piattaforme si possono trovare testimonianze di donne che hanno subito o continuano a subire violenza sessuale, verbale, psicologica e fisica da parte degli uomini, che siano essi familiari o perfetti sconosciuti. Queste esperienze contribuiscono ad accrescere il senso di esclusione e rabbia, alimentando un clima di odio e un linguaggio offensivo. Durante un’intervista una Femcel descrive le sue sensazioni quando pensa di essere desiderabile dagli uomini soltanto da un punto di vista sessuale: 

“Essere la persona in cui un uomo è disposto a eiaculare è come essere un gabinetto. Può essere un’esperienza molto disumanizzante”.

Gli Incel e le Femcel, sebbene partano da esperienze in parte simili e si confrontino con una società ipersessualizzata e orientata verso stereotipi di bellezza spesso irraggiungibili, giungono a conclusioni radicalmente diverse. Entrambe le comunità cercano una solidarietà di genere, ma nel caso delle Femcel questa solidarietà a volte si può tradurre in supporto reciproco, mentre nel caso degli Incel si manifesta prevalentemente come risentimento e competizione. Questa disparità può essere spiegata in parte dalle aspettative sociali nei confronti degli uomini, che devono essere al vertice della gerarchia sociale come conquistatori, padri, amanti. 

L’importanza di studiare le comunità marginali connesse in rete: l’urlo soffocato delle Femcel 

Tuttavia, ciò che è emerso dalla mia ricerca in modo più stridente è stato l’urlo soffocato delle Femcel, donne che affrontano l’isolamento sociale e una sorta di desolazione affettiva. Questo mette in luce come la rabbia, il dolore e il senso di esclusione siano vissuti da una prospettiva femminile spesso trascurata o minimizzata nella sfera pubblica. 

Esplorando le profondità del web non mainstream, come 4chan e Reddit, ho compreso come i discorsi originati in questi spazi meno visibili siano in seguito assimilati nel tessuto mainstream. Un insight rilevante è emerso: i frequentatori di questi spazi virtuali marginali spesso vantano un bagaglio di competenze digitali superiore, abbracciando una subcultura nerd e geek e contribuendo alla creazione di contenuti che influenzano successivamente il dibattito su piattaforme più note. La genesi di numerosi meme virali può essere fatta risalire proprio a queste fonti “oscure”, sottolineando l’influenza indiscussa che queste comunità esercitano sulla cultura popolare. 

La mia ricerca ha anche portato alla luce un’asimmetria di genere nel mondo digitale. L’esperienza delle Femcel ha evidenziato come il web, nonostante le apparenze, sia ancora in gran parte uno spazio costruito attorno alle prospettive maschili. 

Capire come funzionano queste comunità e quali siano le loro istanze è fondamentale non solo per prevenire possibili episodi di violenza, ma anche per riflettere sulla complessità di ciò che i generi e le relazioni tra essi rappresentano. L’esclusione delle esperienze femminili da questa discussione costituisce una grave lacuna.

 

*Dottoressa di Ricerca in Scienze Cognitive, si occupa di Media Education e di formazione