La ricerca storiografica sulla Shoah prosegue nel suo meritorio e stimolante lavoro di approfondimento proponendo ai lettori opere volte a fare luce su vicende poco note ma non meno interessanti. È il caso di questo studio dello storico transalpino François Kersaudy (1948) che, dopo la pregevole biografia dedicata a Hermann Göring, ha dato recentemente alle stampe La lista di Kersten. Un giusto tra i demoni (Rizzoli, pp. 415, euro 22): un’indagine che appare condotta in maniera meticolosa e acuta.

OCCORRE OSSERVARE, anzitutto, come l’autore ricostruisca una storia complessa facendo ricorso alla sua conoscenza di un cospicuo numero di lingue straniere e attingendo a significative fonti documentali, tra le quali vanno menzionati i contenuti di archivi riguardanti le memorie, i diari, gli appunti e le deposizioni rese dai principali protagonisti degli avvenimenti esaminati. Grazie anche alla scorrevolezza della prosa, il risultato di tale ricostruzione è costituito da un racconto avvincente e talvolta sorprendente, nel cui ambito rivestono pari importanza tanto gli eventi bellici quanto i comportamenti dei singoli individui.

VA POI SOTTOLINEATO come Kersaudy metta opportunamente in rilievo alcuni profili biografici di Felix Kersten (1898-1960): dalla nascita nell’odierna Lettonia al contesto familiare tedesco, dalla formazione cosmopolita alle riconosciute qualità professionali fino alla rapida capacità di affermarsi nelle vesti di medico specializzato in «terapia fisioneutrale» Saranno suoi pazienti, che egli riceverà nei propri studi di Berlino e dell’Aia, magnati dell’industria e della finanza, politici e diplomatici di primo piano, aristocratici e altoborghesi.

IN SEGUITO, NEL 1939, gli verrà chiesto di visitare Heinrich Himmler, il potente Reichsführer delle SS: il gerarca nazista, una volta resosi conto che Kersten è l’unico clinico in grado di guarirlo dai dolori addominali che lo tormentano, sarà costretto a ricorrere continuamente alle sue cure fino a farne il proprio medico personale. Quest’ultimo, da parte sua, sfruttando la fiducia e la riconoscenza di quel singolare, volubile burocrate della morte, riuscirà a salvare dal Lager un enorme numero di Häftlinge: si parla di circa centomila persone di varia nazionalità, sessantamila delle quali di origine ebraica – frutto di un’attività umanitaria frenetica ma estremamente lucida e dai risultati stupefacenti.
Kersaudy ha ritrovato le numerose «liste di Kersten», ha consultato gli appunti del clinico, i suoi ricordi risalenti al dopoguerra e quelli del figlio Arno: tutti documenti di fondamentale rilievo che sono stati citati, e talora riprodotti, nel testo.

IN CONCLUSIONE, sembrano apprezzabili le parole con le quali l’autore suggella l’Introduzione alla vicenda che, con tanta cura, ha ricostruito notando come «l’umorismo a volte spunti fuori nelle situazioni più tragiche». Una constatazione, questa, che ci rallegra e ci spinge a cercare un barlume di arguzia e leggerezza in qualsiasi frangente, per quanto difficile e drammatico esso possa apparire.