Bassirou Diomaye Fayea ha giurato «davanti Dio e alla Nazione» come quinto presidente del Senegal. 44 anni, fresco di undici mesi di carcere, reduce da soli dieci giorni di campagna elettorale da uomo libero, è il più giovane mai eletto e il primo poligamo (con due mogli: una velata con quattro figli, l’altra senza velo e senza figli), In più nessun candidato dell’opposizione aveva vinto finora al primo turno.

FAYE, FINO A QUALCHE MESE FA perfetto sconosciuto, è stato eletto per volere diretto del suo mentore Ousmane Sonko, nel novembre 2023, quando la lunga saga giudiziaria di quest’ultimo non ha più lasciato spazio alla sua sperata candidatura. In pratica, gli deve letteralmente tutto. E infatti, poche ore dopo l’insediamento nel Palazzo presidenziale, ha nominato Sonko primo ministro.

Non che Faye non abbia partecipato alla costruzione del progetto del Pastef (Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità). Laureato in legge all’università Cheick Anta Diop, passa il concorso della Scuola Normale Superiore e, nel 2007, comincia la sua carriera da ispettore fiscale nella Direzione delle imposte e dei domini, all’epoca diretta da quello che sarà il suo futuro rivale, Amadou Ba. È lì che conosce Sonko, diventando uno dei suoi più fedeli seguaci. Nel 2014, partecipa alla creazione del partito Pastef. Da allora, è una delle teste pensanti del partito, di cui è nominato segretario generale nell’ottobre 2022.

In apparenza timido e impacciato, sembra esprimersi solo sotto ordine di Sonko. Alcuni senegalesi, dopo averlo osservato in contesti ufficiosi, si sono ricreduti, giudicandolo carente nell’allure che si conviene a un presidente. La sua poligamia ha da un lato turbato, essendo un tema animatamente dibattuto, soprattutto nei contesti urbanizzati. Dall’altro, molti hanno visto in lui un buon esempio di musulmano dai gusti variegati – le due signore presentandosi, almeno d’aspetto, in modo radicalmente diverso. D’altro canto, il suo circolo stretto lo presenta come un uomo modesto, serio e integro. Anche il padre, intervistato da vari giornalisti in pellegrinaggio nel suo villaggio natale, ha espresso commozione e speranza che il potere non degeneri la sua rettitudine.

ALLA CERIMONIA d’insediamento, svoltasi martedì nel Centro esposizioni di Diamdianio – nuova città alle porte di Dakar voluta dall’ormai ex presidente Macky Sall – erano presenti le delegazioni straniere presenti a Dakar, le istituzioni regionali e diversi capi di stato africani. Fra loro anche i rappresentanti di Guinea Conakry, Burkina Faso e Mali, i tre paesi “ribelli” reduci con il Niger da colpi di stato militari. La nuova amministrazione senegalese vorrebbe convincere Mali, Burkina e Niger a tornare nei ranghi di Ecowas, l’organizzazione regionale da cui sono usciti sbattendo la porta pochi mesi fa.

Nel suo breve discorso, Faye ha omaggiato le vittime delle manifestazioni contro la paventata ricandidatura di Sall e per chiedere la liberazione dei leader del Pastef in carcere, con riferimento alle repressioni violente dell’amministrazione precedente; ha riconosciuto il «profondo desiderio di cambiamento sistemico» uscito dalle urne, dichiarando essere la «stabilità la risorsa più preziosa» del Senegal e il suo mandato volto alla costruzione di un paese «più giusto e più prospero».

Faye ha ugualmente sottolineato la vocazione panafricanista del Senegal, dichiarando che la messa in comune produce «più sovranità per lo sviluppo e il benessere». Allo stesso modo, reitera l’apertura del Senegal per uno scambio con partner esterni rispettoso della propria sovranità, seguendo dei partenariati win-win.

ORA TUTTI SI CHIEDONO se con Sonko premier il Senegal diventerà un sistema istituzionale puramente bicefalo, se il premier prenderà il sopravvento e come sarà composto il futuro governo del Paese: saranno presenti personaggi più “moderati” della coppia Sonko-Faye? E sarà all’altezza delle (enormi) aspettative del suo elettorato?