«Favoreggiamento», quel reato che confonde solidali e trafficanti
Oltre il caso Lucano La criminalizzazione delle iniziative umanitarie a sostegno dei migranti colpisce per terra e per mare
Oltre il caso Lucano La criminalizzazione delle iniziative umanitarie a sostegno dei migranti colpisce per terra e per mare
Non tutte le sentenze sono uguali e nemmeno i reati. Tra quelli contestati a Mimmo Lucano nel processo che ha portato alla condanna monstre in primo grado a 13 anni e 2 mesi c’è «favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Quattro parole ricorrenti nelle cronache di frontiera, dove diventano etichetta sia dei traffici delle organizzazioni criminali, che delle iniziative umanitarie di soccorso. L’ambiguità non è casuale: dipende dalla legge.
Il favoreggiamento è disciplinato dall’articolo 12 del Testo unico sull’immigrazione. Il suo impianto viene stabilito nel 1998 dalla Turco-Napolitano. Quattro anni dopo la Bossi-Fini aumenta le pene, specifica le aggravanti ed estende l’applicazione agli attraversamenti dei confini verso altri Stati.
LA NORMA PUNISCE chi in violazione del testo unico «promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso». Le pene vanno da uno a cinque anni, ma un’ampia gamma di circostanze porta la reclusione da cinque a quindici. Nell’articolo il profitto non è inteso come un elemento costitutivo del reato, ma come un’aggravante. Per questo anche condotte che non hanno un fine economico possono esserne comprese. «Il reato non è costruito solo contro i trafficanti di esseri umani, ma anche per combattere chi aiuta i migranti lungo le frontiere», afferma Gianluca Vitale, avvocato dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).
Certo, il testo prevede una «scriminante umanitaria», cioè esclude dalle condotte sanzionabili quelle di assistenza e soccorso, ma queste vanno di volta in volta provate. Il giudice può riconoscerle oppure no, pur nell’assenza manifesta di qualsiasi profitto. È andata bene a Félix Croft assolto dal tribunale di Imperia il 27 aprile 2017 proprio in virtù della clausola umanitaria. Il pm aveva chiesto 3 anni e 4 mesi di carcere perché il giovane francese aveva tentato di portare da Ventimiglia a Nizza una famiglia di sudanesi. I migranti originari del Darfur erano rimasti bloccati e non avevano soldi per pagare un passeur. Di fronte ai racconti delle violenze subite e alle cicatrici sul corpo di uno dei bambini Croft si era convinto ad aiutarli, nonostante i rischi.
DA NORD-OVEST a nord-est: sempre per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono stati rinviati a giudizio il 24 luglio scorso Gian Andrea Franchi, 84 anni, e Lorena Fornasir, 64 anni, per il supporto della loro associazione «Linea d’ombra» ai profughi che arrivano a Trieste dalla rotta balcanica. Il pm di Bologna, dove si è svolta l’istruttoria, ha anche contestato lo «scopo di lucro». Secondo i coniugi «negli inquirenti domina una volontà politica» che mira a colpire le iniziative di solidarietà con i migranti.
Il solito articolo 12 è stato ampiamente utilizzato anche in mare, contro le Ong del Mediterraneo. Sono decine i soccorritori iscritti nel registro degli indagati con questa accusa, tra loro anche il deputato Erasmo Palazzotto (LeU). Finora, però, non è partito neanche un processo. Solo nella maxi inchiesta contro Iuventa, Save the Children e Msf per le missioni del 2016 e 2017 si è arrivati alla chiusura indagini, ma si attende ancora la richiesta di rinvio a giudizio.
Intanto il 4 novembre 2020 il giudice per l’udienza preliminare (Gup) di Ragusa ha stabilito il non luogo a procedere nei confronti di Marc Reig Creus e Ana Isabel Montes Mier, comandante e capo missione di Open Arms nella missione di marzo 2018 in cui soccorsero 218 persone. Il procuratore ibleo Fabio D’Anna ha fatto appello sostenendo che «non può passare il principio che i migranti vadano salvati anche dai libici».
FAVOREGGIAMENTO era anche una delle accuse rivolte contro Carola Rackete. Smontate dalla Cassazione che, in merito alle imputazioni di resistenza a pubblico ufficiale e di resistenza e violenza contro nave da guerra, ha stabilito che la capitana aveva agito per adempiere un dovere, cioè portare i naufraghi al sicuro a terra. Se la scriminante umanitaria vale perfino contro queste accuse, tanto più è da riconoscere per le imputazioni ex articolo 12.
Peggio è andata a quattro eritrei (G. A., G. A., M. H. e K. G. H.) condannati a settembre scorso dalla Corte di appello di Roma a un totale di 10 anni e 3 mesi di carcere. Per gli avvocati della difesa il reato di favoreggiamento è stato costruito sulle pratiche di mutuo aiuto messe in campo nella comunità, senza alcun profitto economico.
«La norma è scritta in modo da permettere le decisioni più disparate. Per la stessa condotta puoi diventare un eroe o essere condannato a 13 anni di carcere», afferma Vitale.
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