«Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», Baobab a processo
Migranti Il 3 maggio la sentenza di primo grado per Andrea Costa, presidente dell'associazione umanitaria
Migranti Il 3 maggio la sentenza di primo grado per Andrea Costa, presidente dell'associazione umanitaria
Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina: è l’accusa rivolta contro il presidente di Baobab Experience Andrea Costa su cui il 3 maggio si pronuncerà un giudice di primo grado. Il reato prevede pene pesanti, che in questo caso oscillerebbero tra 6 e 18 anni di reclusione. Il motivo? Nell’ottobre 2016 Costa e altri attivisti di Baobab avrebbero aiutato economicamente otto ragazzi sudanesi e un ciadiano ad acquistare dei biglietti del treno in direzione nord.
Secondo l’accusa questo configurerebbe il reato previsto dall’art. 12 del Testo unico sull’immigrazione perché tale comportamento sarebbe stato diretto a provocare l’ingresso illegale dei migranti in un altro stato, la Francia. Per la difesa, invece, le persone sono andate da Roma alla sede della Croce rossa (Cri) di Ventimiglia in cerca di un riparo, dal momento che l’analoga struttura capitolina era piena e cinque giorni prima il presidio di Baobab in via Cupa era stato definitivamente sgomberato.
Erano i mesi in cui il vento di criminalizzazione della solidarietà con i migranti soffiava forte, sia in terra che in mare. Muoveva i primi passi la madre delle inchieste alle navi umanitarie che salvano vite nel Mediterraneo, quella contro Iuventa, Save the children e Medici senza frontiere su cui il 21 maggio il Gip deciderà se accogliere o meno la richiesta di rinvio a giudizio di 21 persone avanzata dalla procura di Trapani.
A Roma il mirino era puntato su Baobab. Secondo l’organizzazione umanitaria l’obiettivo era formulare l’accusa di associazione per delinquere, tanto che il caso è stato assegnato alla Direzione distrettuale antimafia. «Dopo mesi di indagini non hanno trovato nulla», scrive Baobab. Da intercettazioni, pedinamenti, fotografie, analisi dei conti bancari di cui Costa denuncia di essere stato vittima alla fine è venuta fuori solo la telefonata incriminata in cui l’uomo parla dei nove migranti che vogliono raggiungere il campo Cri di Ventimiglia.
«Mi stupiscono due cose. L’incriminazione per aver dato dei soldi e non per averne ricevuti. Le differenze con quanto accade al confine est: pochi giorni fa siamo tornati da quello tra Ucraina e Moldavia attraversando varie frontiere insieme ai profughi in fuga dalla guerra. Istituzioni e autorità ci hanno ringraziato. Il processo contro di me è partito per molto meno. E comunque anche i sudanesi erano in fuga da un conflitto terribile», dice Costa.
Gli attivisti si aspettano un’assoluzione piena, ma sanno che il reato presenta diverse ambiguità. Per lo stesso comportamento si possono ricevere anni di carcere oppure lodi.
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