Lo scorso settembre, dopo l’impennata del prezzo del gas dell’estate e la corsa a riempire le scorte, tutti i paesi Ue si erano precipitati a dire che una decisione sui prezzi doveva essere imminente, prima dell’arrivo dell’inverno. Ormai l’inverno è arrivato – in Polonia, ha sottolineato ieri la ministra dell’industria, “siamo già a meno 10” – ma la Ue è bloccata, i 27 non riescono a mettersi d’accordo sul miglior metodo per mettere sotto controllo i prezzi del gas e al tempo stesso escludere il rischio di una penuria.

Ieri, il Consiglio Energia si è concluso una volta di più con un nulla di fatto, le divisioni restano profonde tra un cartello di 15 paesi (tra cui Italia, Francia, Spagna e Polonia) – con un nocciolo duro di 7 o 9 più duri – che spinge per un price cap, il tetto politico al prezzo del gas, e un gruppo di critici (Germania, Olanda, Austria, Danimarca), che teme interventi perturbatori dei mercati con il rischio di scoraggiare le vendite. I ministri si rivedranno a breve, probabilmente sarà il 13 dicembre, per poi lasciare al Consiglio europeo dei capi di stato e di governo, il 15 e 16, la decisione finale.

LA COMMISSIONE è accusata di essere lenta, di aver lasciato scorrere il tempo, per far piacere alla Germania che può permettersi di pagare prezzi alti e teme prima di tutto la penuria.

Lo scontro riguarda adesso la tardiva proposta della Commissione su un Meccanismo di correzione del mercato, presentata lunedì: Bruxelles propone un tetto statico, con elementi dinamici, ma limitato ai prezzi a un mese relativi al mercato europeo Ttf di Amsterdam (valore di riferimento Ue), per gli acquisti all’ingrosso: il “tetto” indicato è molto alto, 275 euro il Kilowattora, così alto che il meccanismo di protezione non sarebbe scattato neppure quest’estate, in occasione del picco del prezzo, perché questa cifra deve essere rilevata per almeno due settimane, mentre l’elemento dinamico è un prezzo maggiore di 58 euro sui prezzi mondiali del Gnl (gas naturale liquido) per almeno 10 giorni.

Sono esclusi, comunque, i prezzi spot (per paura di penuria) e le transazioni tra imprese. Il “pacchetto” europeo comprende anche gli acquisti di gruppo e la solidarietà transfrontaliera, oltreché le modalità per le autorizzazioni a favore delle energie rinnovabili, ma questi aspetti, su cui c’è consenso, restano per il momento anch’essi bloccati: il nucleo duro dei pro-cap vuole un voto globale.

Malumori anche sulla proposta della Commissione di rendere obbligatoria la diminuzione del 15% dei consumi, con commenti acidi nei corridoi (“perché dobbiamo ledere la nostra industria a causa delle scelte sbagliate della Germania, troppo dipendente dai fossili russi?”) Resta anche da decidere l’eventuale applicazione su base Ue del “modello iberico”, il decoupling (disaccoppiamento) tra prezzo del gas e prezzo dell’elettricità.

PER LA FRANCIA, la proposta della Commissione è debole: “Un tetto d’emergenza che taglia l’aumento dei prezzo per casi del tutto eccezionali può essere utile – ha affermato la ministra della Transizione energetica, Agnès Pannier-Runacher – ma non è strutturale né una risposta a aumenti del prezzo del gas che l’industria sta affrontando e che mette in pericolo il nostro sistema, non è un testo sufficiente”.

La Polonia e la Spagna parlano addirittura di “scherzo di cattivo gusto” da parte di Bruxelles. Varsavia insiste sulla necessità di legare le misure sull’energia al nono pacchetto di sanzioni alla Russia, che la Ue sta mettendo a punto. Il 5 dicembre deve entrare in vigore l’embargo sul petrolio russo (con tutte le eccezioni, dall’Ungheria agli armatori greci e ciprioti).