Lavoro

Fairwork: il bollino del lavoro equo sulle piattaforme digitali

Fairwork: il bollino del lavoro equo sulle piattaforme digitaliRider – LaPresse

L'iniziativa Rapporto Fairwork Italia. È stato creato uno strumento di pressione per tutelare rider e lavoratrici domestiche che operano con le app e responsabilizzare le aziende e i consumatori. Il progetto dei ricercatori della Sapienza impegnati in una ricerca internazionale coordinata dall'università di Oxford

Pubblicato circa 2 mesi faEdizione del 31 luglio 2024

Si chiama «Fair work», si traduce «lavoro equo». È un bollino che può aiutare a migliorare la vita di chi lavora attraverso le piattaforme digitali, consegna cibo a domicilio oppure svolge lavori domestici e di cura. Può servire inoltre a responsabilizzare i consumatori: un rider non è un click sul cellulare, una collaboratrice domestica non è un’ombra sullo smartphone. Fair Work è anche il nome di una ricerca internazionale coordinata dall’Università di Oxford e dal Berlin Social Science Center, che ha coinvolto ricercatori, sindacati e associazioni in 38 paesi e 5 continenti. L’università La Sapienza di Roma ha coordinato la ricerca in Italia. Ieri è stato pubblicato il primo rapporto di questo genere nel nostro paese. Lo stesso è stato fatto in Africa, in Spagna e in Gran Bretagna dove è stato indagato l’uso dell’intelligenza artificiale fatto da Amazon nei propri magazzini.

Cinque sono i principi da rispettare per ottenere il badge «Fair work». Devono essere ritenute eque le paghe, le condizioni di lavoro, i contratti, la gestione aziendale, la rappresentanza sindacale dei lavoratori. Chi rientra in tutti i criteri risponde agli standard minimi e ottiene un attestato.

Ogni piattaforma riceve un punteggio su 10. Ogni punto è riconosciuto alle aziende digitali che applicano i criteri. In Italia nessuna di quelle analizzate ha totalizzato un punteggio pieno. Jobby è quella che è andata più vicina ai 10 punti, avendone totalizzati 8. Helping è la più lontana con 2 su 10. Jobby è una piattaforma italiana che intermedia i lavori di cameriere, aiuto cucina, receptionist, magazziniere o il montatore di mobili assicura – stando alla ricerca- paghe, condizioni di lavoro, contratti e una gestione equa ma non garantisce la libertà di associazione, né sostiene una governance democratica. Helpling è una piattaforma tedesca fondata nel 2014 specializzata nel lavoro domestico, risponde solo ai criteri dei contratti e della gestione equa. Tra l’una e l’altra sono state classificate le piattaforme di consegna di cibo a domicilio (food delivery): Just Eat (con 7 punti su 10), Glovo (4 su 10), Deliveroo (3 su 10).

La valutazione non è irreversibile e avviene in più fasi. Prima si raccolgono le «prove» e si assegnano i punteggi preliminari. I risultati sono inviati a revisori esterni per una valutazione indipendente. Questa valutazione è inviata alle piattaforme che hanno la possibilità di presentare ulteriori «prove» per guadagnare i punti inizialmente non assegnati. Alla fine del percorso è stata stilata una classifica consultabile sul sito web: fair.work/en/fw/homepage. Il prossimo anno sarà aggiornata.

I ricercatori si augurano che il «badge» Fairwork serva a stimolare i consumatori ad essere più esigenti nei confronti dei servizi delle piattaforme. Loro potrebbero esercitare la facoltà di scegliere la piattaforma con il punteggio più alto. Alle piattaforme sarebbe data la possibilità di migliorare le condizioni di lavoro e la loro gestione interna. Ottenere una valutazione superiore all’attuale permetterebbe di creare un’immagine positiva rispetto all’opinione pubblica, alle istituzioni e ai concorrenti.

Il coinvolgimento dell’università è un altro elemento interessante di questo progetto di valutazione sociale partecipativa. I ricercatori si sono impegnati con i sindacati a tutelare i lavoratori delle piattaforme e, allo stesso tempo, hanno proposto alle piattaforme di sviluppare una comunicazione che spesso invece risulta lacunosa e unilaterale. Nonostante le difficoltà, le aziende hanno iniziato a dialogare.

La creazione del bollino «FairWork» può essere inoltre utile per creare una negoziazione sociale sul lavoro digitale. Per negoziazione sociale si intende il coinvolgimento delle università, delle aziende, dei sindacati e delle associazioni in un percorso che sostenga la definizione di un contratto di lavoro e di un Welfare capaci di regolare un settore dove è spesso difficile rispettare i diritti e le garanzie dei lavoratori. Nei prossimi mesi i ricercatori italiani intendono rafforzare questa prassi organizzando iniziative pubbliche.

Questa strategia intende dimostrare che il lavoro di piattaforma non è un problema di intermediazione tecnologica. È accaduto in Italia nel 2020 quando Assodelivery (l’associazione degli industriali del food delivery) e l’Ugl hanno siglato un accordo collettivo che ha classificato i ciclofattorini come lavoratori autonomi e la piattaforma come fornitore di tecnologia. Cgil, Cisl e Uil hanno contestato l’accordo e hanno firmato un altro aziendale con Just Eat nel 2021.

«La ricerca mostra come l’economia delle piattaforme abbia assunto forme diverse. Alcune prestano maggiore attenzione alle esigenze dei lavoratori rispetto ad altre – sostiene Andrea Ciarini, docente di sociologia economica alla Sapienza di Roma e coordinatore del rapporto italiano – Tutto questo significa che non dobbiamo accettare i bassi salari, le cattive condizioni di lavoro, l’iniquità e la mancanza di partecipazione. Ci auguriamo che questo lavoro tracci un quadro di ciò che le piattaforme potrebbe diventare».

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