La “Graziola” è diventata dalla prima alluvione del 3 maggio una immensa discarica. È un parcheggio alle porte di Faenza, ora la chiamano “il cimitero dei ricordi”, tutti quelli che la fiumana ha portato via dalle case. Montagne di rifiuti alte tre metri in continua espansione: il sindaco Massimo Isola parla di 30mila tonnellate. I camion vanno e vengono di continuo. Un camionista dice che li stanno portando a Ostellato e in altri impianti, dove saranno triturati e poi avviati a discarica o inceneritore. L’assessora all’ambiente della Regione Emilia-Romagna, Irene Priolo è stata a Faenza nei giorni scorsi per verificare di persona la drammaticità della situazione: «Abbiamo deciso di mandare l’esercito per aiutare, non possiamo lasciare sola Faenza come altri comuni».

La pulizia della città è iniziata da qualche giorno secondo un piano condiviso tra Comune, Protezione civile e esercito. Con grandi mezzi si raccolgono i rifiuti stoccati ai lati delle strade, zona per zona, vietandone l’accesso anche ai volontari per sicurezza. Ma tanti oggetti restano ancora per terra, mischiati al fango ormai solidificato. La città è una desolazione.

IERI E OGGI nuova allerta per rischio alluvione. «Se torna la fiumana dove finiranno questi rifiuti?» si chiede una signora delle case popolari di Via Lacchini, davanti ai cumuli non ancora portati via, proprio vicino al fiume. È una corsa contro il tempo.

Herambiente è il gestore dei rifiuti per la città di Faenza e per altri comuni alluvionati nel ravennate. «Chiediamo alla gente, per quanto possibile, di separare ingombranti, Raee (frigoriferi, pc, forni, televisioni) e tutto ciò che è indifferenziato, tenendo a parte anche bombole del gas e oggetti che contengono batterie, per prevenire rischi di scoppio e incendio – spiega Andrea Ramonda, Amministratore Delegato di Herambiente – Stiamo lavorando senza sosta, nei comuni alluvionati ci sono più di centomila tonnellate di rifiuti, un volume pari a un palazzo di 25 piani su una superficie di un campo da calcio, una quantità che normalmente nelle stesse aree viene raccolta in dieci mesi». A questi volumi impressionanti si sommano le 15mila auto alluvionate e destinate alla rottamazione.

NEL FORLIVESE è invece Alea che gestisce la raccolta dei rifiuti: «Nei nostri 14 comuni prima dell’alluvione avevamo un tasso di raccolta differenziata oltre l’80% , facevamo raccolta porta a porta con tariffa puntuale da anni – spiega Gianluca Tapparini, direttore generale di Alea – tutti i comuni del forlivese producevano meno di 100 chili l’anno procapite di rifiuti totali, eravamo un esempio virtuoso. Ora stimiamo oltre 20mila tonnellate di rifiuti, facciamo il possibile per differenziare, ma tantissimo finirà nelle varie discariche».

LA GENTE PROVA a recuperare, lavare, pulire davanti ai cortili delle case: «Chi ha una idropulitrice?” è la domanda che rimbalza nei social e nelle chat. Il fatto di vivere in una società del consumo e dell’usa e getta ha peggiorato le dimensioni del disastro: «Non ti accorgi di quante cose hai se non quando devi buttarle. Ti accorgi che i mobili di compensato acquistati a basso costo letteralmente si sbriciolano con l’acqua», scuote la testa una signora.

IL FANGO PORTA con sé benzina, gasolio e olio combusto, provenienti dalle auto e dai distributori danneggiati, microplastiche dei pannolini e pannoloni, gommapiuma dei divani e un’infinità di altri materiali sbriciolati. Tutto finisce nei tombini delle “acque chiare”, quindi nei canali, sommandosi ai rifiuti che il fiume in piena ha portato al mare. Il fango anche a livello sanitario non è un toccasana, c’è il rischio che ci siano anche reflui delle fogne, le Ausl raccomandano prudenza ai volontari che puliscono, senza però scatenare il panico nella popolazione.

«ERAVAMO UN TERRITORIO già inquinato, ora lo siamo ancora di più – riflette amaramente Corrado Oddi, della Rete Emergenza Climatica e Ambientale Emilia Romagna (Reca) – Purtroppo quando si agisce così nell’emergenza si può fare davvero poco. Il dissesto idrogeologico, il consumo di suolo e il cambiamento climatico sono le cause principali di questa alluvione. Noi, additati come gli “ambientalisti del no” avevamo presentato più di sei mesi fa quattro proposte di legge di iniziativa popolare su acqua, rifiuti, energia e consumo di suolo. A più di sei mesi di distanza, non è neppure iniziata la discussione in commissione, rischiando che tutte le nostre proposte siano votate in aula, senza discussione, e vengano bocciate. Questa regione sa solo correre dietro alle emergenze, senza prevenirle».