Se davvero domani arriveranno i camion davanti ai cancelli della ex Gkn, come annunciato a sorpresa venerdì pomeriggio da Francesco Borgomeo, ad attenderli non ci saranno solo i 330 operai superstiti dello stabilimento di Campi Bisenzio, ma un’intera comunità decisa a non lasciare sole le tute blu. Compreso l’ex sindaco Emiliano Fossi, oggi parlamentare dem, che lancia un messaggio all’attuale proprietà.

Emiliano Fossi
Credo sia un grave errore immaginare un inizio di smobilitazione della fabbrica senza aver definito un percorso preciso di salvaguardia del sito industriale e dei lavoratori. Lunedì mattina alle 8 sarò davanti ai cancelli, come lo sono stato quel 9 luglio dell’anno scorso. Quando dalla sera alla mattina il fondo finanziario Melrose, proprietario dello storico marchio dell’automotive, chiuse a tradimento una fabbrica all’avanguardia nella produzione di semiassi per auto. Comprese le fuoriserie della galassia Stellantis che rappresentano il made in Italy ai quattro angoli del pianeta

A poche ore dall’ennesima fumata nera nel percorso di reindustrializzazione dello stabilimento, con un Borgomeo arroccato al Mise su una posizione indifendibile per i sindacati, gli enti locali e gli stessi dirigenti ministeriali, ma supportato dalla Confindustria nazionale nonostante la reiterata assenza di un progetto concreto per la necessaria riconversione produttiva, la mossa di annunciare i camion è stata considerata uno schiaffo in faccia a un intero territorio.

Non per caso Valerio Fabiani, uomo di fiducia del presidente toscano Eugenio Giani per il lavoro e le crisi aziendali, ha subito avvertito Borgomeo: “Non è il momento di fare ulteriori strappi, forzature e scelte unilaterali, anzi è quanto mai necessario da parte dell’azienda uno sforzo per ripristinare un clima di condivisione. Chiedo che ci si fermi, e che anche le attività di smaltimento dei materiali tornino al centro di un confronto fra l’azienda e le rappresentanze dei lavoratori”.

Anche per la Regione Toscana, che in questi ultimi anni ha visto depauperato uno storico patrimonio industriale nell’area vasta fiorentina – Matec, Electrolux e Bekaert i casi più eclatanti ma non gli unici), la vertenza Gkn oggi Qf non può chiudersi con l’ennesimo fallimento dei progetti di reindustrializzazione. Di qui l’evidente scetticismo nei confronti delle tardive giustificazioni di Borgomeo (“Si tratta dei lavori preparatori per rimuovere rottami e rifiuti che da 10 mesi l’azienda non è riuscita a far uscire”).

Anche perché nell’accordo quadro del gennaio scorso, come osserva una Fiom già mobilitata, c’era scritto a chiare lettere che  “la disponibilità a confrontarsi, sui tempi e modi per lo smobilizzo dei materiali a vario titolo, è sempre stata posta a fronte della condivisione di un piano industriale solido e concreto”. Quello, che, nonostante un fiume di parole, manca tuttora.

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Dal Collettivo di Fabbrica, al solito, arriva una convincente chiave di lettura di quanto sta accadendo: “Dopo mesi buttati via in chiacchiere senza nemmeno provare a determinare le condizioni per la ripresa delle attività, disattendendo le promesse e l’accordo quadro, la proprietà mostra con questo atto di forza quello che forse è sempre stato il suo vero obiettivo: smantellare lo stabilimento. Che agisca in proprio, o che sia un uomo di paglia che opera per conto della multinazionale Melrose, Borgomeo si rende responsabile di una scelta vigliacca e inaccettabile.

A nulla è servita la disponibilità dei lavoratori a discutere per mesi, elaborando perfino dei progetti industriali, di fronte a quella che è sempre stata la vera intenzione mai abbandonata: la delocalizzazione dello stabilimento. Ed è chiaro che un’operazione di questa natura punta anche a distruggere ciò che nel paese e nel territorio ha rappresentato la lotta della Gkn. Una escalation studiata a tavolino, probabilmente su diretto suggerimento di Confindustria, e cogliendo l’assist del governo del made in Italy. Melrose non aveva mai osato tanto. E probabilmente è ancora Melrose che comanda”.