A 21 anni dall’attentato kamikaze rivendicato da Al Qaeda in cui persero la vita 21 persone, torna a macchiarsi di sangue l’annuale pellegrinaggio per la festività ebraica del Lag Ba’omer sull’isola di Djerba, in Tunisia. Secondo le autorità, che esitano nel definire quanto accaduto ieri un «atto di terrorismo» e preferiscono ipotizzare il gesto isolato di un folle, un agente della Guardia nazionale in congedo ha sparato a un collega, uccidendolo. Dopo essersi impossessato di uniforme, munizioni e quad d’ordinanza, si è diretto verso la sinagoga di Ghriba, la più antica dell’Africa settentrionale e perno dell’identità storica della comunità ebraica tunisina. Lungo la strada l’uomo avrebbe aperto il fuoco contro un gruppo di agenti che cercava di mettere in sicurezza il tempio. Nella sparatoria che è seguita sono rimasti uccisi quattro membri delle forze di sicurezza, l’attentatore e due civili, due cugini che si trovavano sul posto: un francese residente a Marsiglia, Ben Haddad, 42 anni, e un israeliano residente in Tunisia, Aviel Haddad, 30 anni.

Costruita secondo la leggenda dai sacerdoti in fuga dopo la distruzione del tempio di Salomone da parte dei babilonesi, con al suo interno una delle più antiche torah dell mondo, la sinagoga di Ghriba e l’isola di Djerba costituiscono eccellenze turistiche della Tunisia che attirano ogni anno decine di migliaia di pellegrini e turisti. Un flusso che, si teme, potrebbe interrompersi bruscamente, mentre il paese si avvita in una pericolosa crisi economica e politica, come era successo dopo gli attacchi del 2015 al museo del Bardo di Tunisi e sulla spiaggia di Sousse, con decine di stranieri tra le vittime.