«Tutto ciò che facciamo segue la parola di Dio. Dio ha previsto che il popolo ebraico dovrà ritornare alla terra che gli ha assegnato, noi vogliamo solo affermare la sua volontà», sostiene Andie Basana, attuale presidente dell’Edipi, Evangelici d’Italia per Israele. «Noi amiamo questa nazione», recita in bianco e blu il sito dell’associazione, la stella di David nel mezzo.

Nata nel 2003 con sede a Padova, è stata la prima organizzazione evangelica italiana a sostenere l’aliyah, letteralmente «la salita», il ritorno del popolo ebraico a Gerusalemme. «Nella Genesi, Dio promette ad Abramo una terra e gli dice: “benedirò quelli che ti benediranno”, perciò noi li sosteniamo – spiega Basana – Dal 1948 il piano di Dio si sta compiendo».

Alla, complessa e drammaticamente attuale questione dell’occupazione israeliana del territorio palestinese sono legate le profezie bibliche sostenute da alcune correnti evangeliche. Attraverso le sedi di varie associazioni, ai nuovi cittadini israeliani arrivano anche contributi dall’Italia. Oltre a organizzare convegni per «offrire ai cristiani italiani una corretta informazione circa il ruolo di Israele nel progetto di Dio», l’Edipi finanzia l’insediamento di ebrei provenienti da altri paesi nello Stato d’Israele.

L’AIUTO è per lo più di ordine economico. «Non è abbastanza dire di sostenere Israele secondo i dettami della Bibbia, bisogna anche fare qualcosa di concreto, appoggiarlo con i beni materiali», continua Basana. Le donazioni, di cui non divulgano l’entità, provengono dalle chiese evangeliche di tutta Italia e sono inviate soprattutto alle congregazioni di ebrei messianici, che hanno riconosciuto in Gesù il messia.

L’Edipi tuttavia mantiene anche rapporti con le istituzioni laiche e sostiene campagne dal respiro internazionale, come quelle dell’organizzazione sionista Keren Hayesod, che nel 2022 ha aiutato 74.915 olim, ebrei che decidono di «tornare» in Israele, ha fornito un’abitazione a 4.586 nuovi cittadini e ha sostenuto i giovani stranieri che dopo un’esperienza nell’esercito israeliano, vogliono costruirsi una vita nel paese.

Sono varie le associazioni e le chiese che si sono riconosciute nell’appoggio allo Stato israeliano. Tra le più attive c’è Cristiani per Israele (C4I), fondata nel 1979 in Olanda e con sede italiana a Padova, che vanta di aver aiutato oltre 130mila ebrei a portare a termine l’aliyah. Il loro sito sostiene: «Siamo in preparazione della venuta del Messia, le profezie si stanno adempiendo davanti ai nostri occhi».

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Una delle teorie che avvicina gli evangelici a Israele è quella che vede la “restituzione” della terra promessa al popolo ebraico come il compiersi della profezia biblica che porterà alla fine del mondo e quindi al ritorno del messia. Solo chi ha sostenuto la parola di Cristo si salverà, per gli altri, compresi gli ebrei, gli stessi destinatari di preghiere e aiuti, l’apocalisse.

«Quando si parla dell’apocalisse chi studia teologia sa che Israele è l’orologio di Dio. Le cose che accadono in Palestina sono un avanzare della lancetta di Dio, sono i rintocchi del Suo tempo», spiega il pastore Emanuele Frediani della Chiesa Apostolica in Italia, attiva dal 1958 con sede a Grosseto. Sul loro sito si legge: «La profezia biblica non depone per una pace universale senza prima attraversare drammaticamente gli eventi escatologici», Prima la fine del mondo, quindi, poi la pace.

TALE LETTURA pone l’occupazione del territorio palestinese come danno collaterale, l’inasprimento del conflitto come naturale corso degli eventi e il trionfo di Israele al centro dei presagi divini. Non stupisce che dal 7 ottobre l’impegno evangelico sia cresciuto. «Le persone ora sono più coinvolte. Facciamo più preghiere, raccogliamo più soldi», racconta Basana. La mobilitazione avviene per contrastare l’antisemitismo, considerato il motore della crisi.

«Non ne facciamo un discorso politico – spiega il pastore Frediani – Ora è a Gaza, prima in Europa, prima c’era Hitler, ora l’Iran, cambiano i protagonisti, la storia rimane la stessa. Crediamo che il problema sia spirituale. Se Israele dicesse che l’Islam è la sua religione, la guerra cesserebbe in un attimo».

Negli Stati uniti le associazioni evangeliche sioniste sono molto più potenti. L’International Felloship of Christian and Jews (IfcJ) ha raccolto, solo nel 2022, 233.663 dollari di donazioni per ripartirle tra diversi progetti, tra cui un fondo per 4.500 famiglie di soldati. John Hagee, il pastore leader del Cufi (Christian United for Israel) che vanta 10 milioni di iscritti, si è espresso più volte dall’inizio della guerra: «Dio si sta preparando a difendere Israele».

Si ricorre alla lettura delle sacre scritture per interpretare l’attualità e per giustificare le atrocità commesse a Gaza. I palestinesi vengono accostati agli Amalechiti, avversati dal Signore: «Se Dio ha ordinato il loro sterminio, perché Israele non può distruggere il regime palestinese di Hamas?», si legge in un recente articolo sul sito dell’Edipi.

Alcuni evangelici sembrano non ricordare che dal 1948 la popolazione cristiana, per lo più composta da palestinesi autoctoni, si sia ridotta fino a costituire appena il 2% degli israeliani e che i rappresentanti delle chiese cattoliche e ortodosse hanno spesso denunciato discriminazioni.

SECONDO la Nev, l’agenzia stampa della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (Fcei), la popolazione protestante in Italia può essere stimata tra le 350 e 430mila persone, ma il numero raddoppia se si considerano gli stranieri. Non tutti condividono queste teorie.

L’assemblea della Fcei insieme al Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), ha approvato un documento su Israele e Palestina che incoraggia le chiese a «pregare per una giusta pace, costruita sui diritti umani per tutti i popoli della regione», citando la soluzione dei due stati. La Fcei scrive: «Come credenti, ci sembra ancora possibile imboccare le strade di pace e giustizia indicate da tante profezie, che proprio in queste terre sono state annunciate al mondo».