Jacques Gaillot e Luigi Bettazzi, storie di vescovi fuori dal coro
Cultura

Jacques Gaillot e Luigi Bettazzi, storie di vescovi fuori dal coro

Saggi Due libri che trattano di prelati coraggiosi, per i poveri e in rotta con le gerarchie ecclesiastiche
Pubblicato 2 mesi faEdizione del 4 settembre 2024

«Lei deve imparare a cantare nel coro non fuori dal coro» è l’ammonimento che papa Wojtyla nel 1992 rivolge a Jacques Gaillot, vescovo di Évreux in Normandia, noto in Francia per le sue posizioni a favore di immigrati e omosessuali e contro il riarmo. È l’anticipazione di quello che accadrà tre anni dopo, quando Gaillot verrà rimosso da Évreux e nominato vescovo titolare di una diocesi «fantasma» e senza popolo, Partenia (Algeria), antica sede episcopale della provincia romana della Mauritania Sitifense, dove per trovare l’ultimo vescovo residente bisogna tornare al V secolo. Ma Gaillot non si scoraggia: va ad abitare a Parigi in una casa occupata in rue du Dragon, in mezzo agli irregolari, e continua a esercitare il suo ministero di vescovo dei sans papiers.

GAILLOT MUORE nel 2023, ora la sua originale esperienza viene raccontata in volume da Lorenzo Tommaselli: Jacques Gaillot. Un vescovo per il Vangelo (Il pozzo di Giacobbe, pp. 96, € 11,90). Nato nel 1933 da una coppia franco-tunisina, prete nel 1961, vescovo di Évreux nel 1982. È l’esperienza della guerra di Algeria – dove era stato inviato per il servizio militare – che lo porta su posizioni pacifiste: nel 1983 difende in tribunale un obiettore di coscienza e nel 1988 vota contro un documento approvato a maggioranza dalla conferenza episcopale francese a sostegno della «dissuasione nucleare», con il disappunto dei suoi confratelli vescovi con l’elmetto. Viene bacchettato anche dal ministro dell’Interno, il neogollista Pasqua, quando nel 1994 critica pubblicamente le sue leggi contro gli immigrati.

Allergico alle ipocrisie e alle reticenze ecclesiastiche, parla liberamente sui media francesi a sostegno di omosessuali, donne, immigrati e per una chiesa senza preti, sul modello delle prime comunità cristiane. Fino al confinamento a Partenia, che però Gaillot trasforma in una diocesi senza frontiere estesa come il mondo.

«Una fin troppo facile tendenza ad etichettare lo ha imprigionato nel comodo cliché del vescovo ribelle, contestatore, mentre non è stato altro che un fedele operaio del Vangelo di quel Gesù di Nazareth che non ha esitato a trasgredire qualsiasi precetto, anche religioso, per il bene irrinunciabile dell’uomo», scrive Tommaselli. «Una straordinaria figura di vescovo quella di Gaillot, il vescovo degli ultimi, dei sans papier, degli sfruttati. Ma ebbe la disgrazia di operare sotto il papato di Giovanni Paolo II», scrive Alex Zanotelli nella postfazione.

PAPA FRANCESCO nel 2015 l’ha invitato in Vaticano: non una riabilitazione ma almeno il riconoscimento della sua testimonianza evangelica radicale, Vescovo «fuori dal coro» è stato anche Luigi Bettazzi, morto qualche mese dopo Gaillot alla soglia dei cento anni, di cui è appena uscita la biografia curata da Alberto Chiara, Luigi Bettazzi. Un vescovo alla sinistra di Dio (San Paolo, pp. 190, € 18). «Io vescovo di sinistra? Io vescovo rosso? Sono nato mancino. Non derivo da questa anomalia fisiologica un’anomalia sociologica e politica, ma è possibile che questo mi abbia reso più attento alle situazioni di contrasto», diceva Bettazzi di sé stesso. Una fama derivata anche dal pubblico scambio di lettere con il segretario del Pci Berlinguer nel 1976-77 che non piacque a papa Wojtyla: «Si fa presto a scrivere una lettera a Berlinguer, quando non si è vissuto sotto i comunisti», lo sgriderà successivamente Giovanni Paolo II.

MA BETTAZZI è stato molto altro: partecipa al Concilio Vaticano II sostenendo la linea di aggiornamento che spinge la Chiesa ad aprirsi al mondo moderno e firma – unico italiano – il Patto delle catacombe, impegno per una Chiesa povera e dei poveri ancora tutto da realizzare; è fra i protagonisti del dialogo fra cattolici e comunisti nel nome del comune impegno per la solidarietà e la giustizia; presidente di Pax Christi, si schiera sempre per la pace, condannando gli armamenti e tutte le guerre. Scrive Andrea Riccardi nella prefazione al libro: una lezione, quella di Bettazzi, «la cui influenza va ben al di là dei confini diocesani».

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