Torna attualissima una delle rivendicazioni storiche del movimento sindacale internazionale: la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Il Regno Unito ha avviato ieri il più grande esperimento di tutti i tempi in materia. Per i prossimi sei mesi, 3.300 lavoratori di 70 aziende diverse testeranno la settimana lavorativa di quattro giorni, senza alcuna penalità in busta paga.

Il modello è quello del 100:80:100: ricevere il 100% del salario nell’80% del tempo, in cambio dell’impegno a mantenere gli stessi livelli (100%) di produttività. Il progetto nasce dalla campagna «4 Day Week Global», promossa dall’omonima piattaforma no-profit in collaborazione con il think tank Autonomy e un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge, dell’Università di Oxford e del Boston College. Insieme monitoreranno l’impatto dell’esperimento, focalizzando l’attenzione su produttività e bilanci aziendali, conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, salute fisica e psicologica, parità di genere, ambiente.

Nell’elenco delle aziende aderenti – tutte su base volontaria – figurano WANdisco (hi-tech), Atom (banca digitale), Rivelin Robotics (elettronica), Eurowagens (componentistica per autoveicoli), Loud Mouth Media (marketing digitale), Girling Jones e Yo Telecom (agenzie di reclutamento). «Fuoriuscendo dalla pandemia, sempre più aziende riconoscono che la nuova frontiera della competizione è la qualità della vita» – osserva John O’Connor, amministratore delegato di 4 Day Week Global. Proporre un «lavoro a tempo ridotto, centrato sui risultati, è uno strumento che le aziende utilizzano per ottenere un vantaggio competitivo», spiega.

Se andasse a buon fine, l’esperimento sarebbe la prova di quanto le organizzazioni sindacali sostengono da anni. Come evidenziato dal report dello European Trade Union Institute del 2018, Perché e come ridurre l’orario di lavoro, accorciare i tempi dedicati all’attività lavorativa addurrebbe vantaggi indiscussi in ognuno dei suddetti parametri. Inoltre, sarebbe una misura efficace a governare gli effetti collaterali della digitalizzazione, come a contrastare fenomeni già ampiamente radicati quali povertà lavorativa, precariato e sottoccupazione. Se infatti l’introduzione di nuove tecnologie accresce la produttività, dunque consente di accorciare i tempi di lavoro, pone pure le condizioni affinché, da un lato, i livelli occupazionali decrescano; dall’altro, i ritmi si intensifichino, le mansioni da svolgere diventino più parcellizzate e ripetitive e i rapporti di forza si riconfigurino a favore di chi sulle nuove tecnologie può vantare una proprietà. Più in generale, poi, il tempo è uno dei fattori chiave dell’organizzazione del lavoro e della sua distribuzione, quindi può concorrere a rendere quest’ultima più equa.

Il confronto con altri Paesi non lascerebbe margini di discussione. Stando ai dati forniti dal sociologo del lavoro Domenico De Masi, un francese lavora 1.514 ore l’anno, con le quali riesce ad assicurare un pil pro capite di 43mila euro. Oltralpe il tasso di occupazione è al 70%, la disoccupazione all’8,8% e il 75% dei laureati trova lavoro a tre anni dal conseguimento del titolo. In Germania si lavora in media 1.356 ore anno, il pil pro capite ammonta a 48 mila euro, quindi un tedesco guadagna seimila euro in più di un francese, lavorando 200 ore in meno di lui. L’occupazione in Germania è al 79%, la disoccupazione al 3,8%, a tre anni dalla laurea trovano lavoro 93 persone su 100. In Italia, invece, si lavora in media 1.723 ore l’anno, assicurando un pil pro capite di soli 35.865 euro. L’occupazione da noi si ferma al 59%, mentre la disoccupazione sale al 9% e dopo tre anni dalla laurea solo 52 giovani hanno trovato lavoro.

Nei prossimi mesi quello inglese non sarà l’unico esperimento sul tema. A Valencia il 27 e 28 maggio scorsi si è tenuto il Four Day Week International Summit, vertice internazionale promosso dall’amministrazione locale per lanciare il progetto della settimana lavorativa di quattro giorni e 32 ore che si terrà su tutti i luoghi di lavoro della città spagnola. L’ambizione è estendere il piano a livello regionale, finanziando con novemila euro per dipendente in tre anni le imprese che sceglieranno di attuare la medesima riduzione.