«Era un simbolo perché ha regnato a lungo, ma non ha segnato il ‘900»
Intervista Parla lo storico Donald Sasson
Donald Sassoon è professore emerito di storia europea comparata al Queen Mary College, University of London. Il suo ultimo libro è Il trionfo ansioso. Storia globale del capitalismo, edito da Garzanti.
Professore quali sono i suoi sentimenti in un momento del genere?
È morta la regina, viva il re.
Come vede le prossime ore e i prossimi giorni in Gran Bretagna?
Ci sarà un periodo relativamente lungo di condoglianze e di tristezza in una parte non piccola della popolazione, anche se ormai un terzo si dichiara repubblicana.
Comunque, rimane una anziana signora di novantasei anni, che ha vissuto una vita in cui dopotutto non ha fatto grandi sbagli, e che ha fatto il suo dovere, che era quello di evitare di esprimere la sua opinione e di rimanere come simbolo della nazione. E questo non può che commuovere molti, anche quelli che sono, o si dicono, repubblicani.
Poi ci sarà un altro momento di celebrazioni, stavolta di gaudio, forse l’anno prossimo, quando Carlo Terzo verrà incoronato. E ci saranno i paragoni tra l’incoronazione del 2023 e quella del 1953, quando la regina fu incoronata.
Carlo naturalmente non può avere il carisma senza carisma della regina, perché nella sua vita non poteva, per dovere, fare altro che aspettarne la morte.
In questi ultimi anni ha imparato a non esprimere la sua opinione, cosa che non faceva prima. E probabilmente continuerà in questo modo.
Ma la famiglia reale oggi si trova nelle peste. Riuscirà a mantenere i consensi?
Ormai sono una soap opera, una telenovela: i figli che divorziano, che bisticciano, che fanno scandalo, o non lo fanno… E dunque non è tanto il rispetto verso la famiglia che rischia il declino, quanto l’interesse: lo stesso che molta gente ha per le vite dei personaggi del cinema o dello sport.
Lei accetterebbe l’idea che vede la scomparsa di questa figura come effettivamente l’atto conclusivo, in un certo senso forse del Novecento, un Novecento troppo frettolosamente liquidato come breve?
Direi senz’altro di no. Perché non era così importante da segnare il Novecento. Era una figura simbolo per via del fatto che è la sovrana che ha regnato più a lungo della storia della Gran Bretagna, perfino più a lungo della regina Vittoria. Il che non è poco. Ma che sia la fine di un’epoca mi sembra un cliché che è meglio evitare.
Se lei aveva un carisma senza carisma ora le succede il non-carisma dell’erede. Come vede le sorti della monarchia come istituto in Gran Bretagna?
La monarchia continua come istituzione per il momento e bisogna anche ricordarsi di un fatto: quelle europee erano quasi tutte monarchie. La Svizzera era l’unica repubblica dell’inizio dell’Ottocento fino alla fine. E in parte la Francia, dopo gli imperatori Napoleone, Luigi, eccetera.
Queste monarchie sono cadute non perché la gente si fosse stufata del monarca. Sono cadute perché ci sono guerre, sono cadute perché i paesi si dividono, sono cadute perché ci sono stati dei colpi di Stato, insomma eventi, traumatici, violenti.
Forse in Italia ci sarebbe ancora una monarchia, se il paese non avesse fatto la seconda guerra mondiale: dopotutto c’è ancora in Spagna. E poi c’è nei Paesi scandinavi, che appunto non hanno avuto rivoluzioni, o colpi di Stato.
Dunque la monarchia sopravvive se non succede una catastrofe ma non sparisce così, diciamo, perché la gente “si stufa”.
Quali saranno secondo lei i compiti o i problemi più urgenti con i quali l’erede si dovrà misurare?
Charles dovrà affrontare un problema, che è quello di cercare di fare come la madre: rimanere al di sopra delle parti. Ma comincia questo lavoro con l’esperienza di non essere stato re per circa mezzo secolo, perché ha oltre settant’anni. E mentre sua madre aveva cominciato da giovane e dunque aveva avuto la possibilità – e anche l’astuzia, appunto – di non esprimere la sua opinione per tutti questi anni, lui questa possibilità non l’ha colta.
In passato è intervenuto ripetutamente in faccende pubbliche, ma ora credo che abbia imparato a fare come la madre, cioè a tacere.
Quanto al presunto declino della casa reale, anche in merito alle vicissitudini giudiziarie di alcuni dei figli, lei non pensa che simili sventure saranno pregiudiziali?
Direi di no, sono cose che appassionano il pubblico. Sono come i divorzi delle star del cinema, gli scandali, gli scandalucci. Si dividono i ruoli, proprio come in una soap opera. C’è la principessa Anne, quella cattiva, poi diventata buona. Poi c’è il figlio che tutti odiano, il principe Andrew. Poi invece ci sono quelli che tutti amano per il momento, e per i quali non si sa come andrà a finire: Kate e William. Infine c’è la coppia che un po’ disturba, Harry e Meghan… Insomma, divertentissimo.
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