Come sempre accade negli eventi catastrofici, ad essere colpito non è solo il singolo, ma la comunità. Così nell’alluvione. 8 anni dopo gli eventi del 2014, i marchigiani sono di nuovo stati piegati dal peso del fango e dell’acqua. Dalla perdita dei propri averi, ricordi, della propria dignità, perché la melma non ti ridà nulla, se non un blocco di cemento. Chi vive il trauma, però, è vittima: lo è chi vede il fiume in piena travolgere il proprio quartiere, chi si salva dalla corrente, chi perde una persona cara. Soprattutto è vittima chi muore.

L’Ordine degli Psicologi delle Marche si attiva subito per fornire risposte e interventi alla popolazione, anche grazie la precedente esperienza. «L’impatto è catastrofico. La popolazione ha vissuto ore di terrore sia per quello che è successo nella prima esondazione, sia per quello che è accaduto nelle ore successive», quelle in cui si comunicava l’allerta per il sabato successivo, 17 settembre, in cui era prevista la seconda bomba d’acqua. Non solo ansia, paura, allerta, e angoscia, spiega Katia Marilungo, presidente dell’Ordine regionale, ma anche «morti, feriti, dispersi e sfollati». Una situazione di per sé già ad alto indice di stress, tra chi si ritrova negli hotel o a casa di amici. «Il ripetersi dell’emergenza non fa vivere sogni tranquilli, soprattutto quando poi si è appesi a delle previsioni meteorologiche, quindi a delle situazioni a cui è difficile sottrarsi», specifica.

Il trauma si sviluppa nel tempo, come disturbo da stress o disturbo post-traumatico da stress, ma è ancora troppo presto per vederlo, allora si ragiona per azioni. «Ci siamo messi nella posizione di coordinamento con la Protezione Civile, Asur, e altre quattro associazioni di psicologia dell’emergenza sul territorio, già intervenuti in alcuni territori e negli hotel dove risiede la popolazione sfollata». Censire i colleghi che possono intervenire, «perché alcuni hanno difficoltà, ora, a portare avanti la loro attività», organizzare delle giornate di sensibilizzazione culturale psicologica, con interventi e attività rivolte a bambini e ragazzi. «I bambini che torneranno a scuola non saranno felici, ma provati da quello che è successo. Stiamo contattando i vari Istituti per capire se hanno un servizio psicologico attivo all’interno delle scuole, ed eventualmente indirizzarli ad attivarlo in qualche modo». C’è rabbia, frustrazione, ma anche lutto, e il dolore necessita di tempo per essere elaborato, anche se questo è giusto.

E a San Lorenzo in Campo, dove il piccolo Mattia, 8 anni, disperso dalla terribile notte dell’alluvione, il sindaco Davide Dellonti ha chiesto l’assistenza di psicologi esperti in ambito scolastico per supportare gli insegnanti e i compagni del bambino. «Arrivano notizie frammentarie, ma nonostante questo si cerca di non far trapelare il clima di apprensione e dolore». L’Unità di Strada, un servizio dell’Ambito sociale di Fano, si è subito attivato per un primo intervento, eseguito nella mattina di lunedì 19 settembre. «Stamattina abbiamo fatto il punto con le docenti e le maestre per capire la situazione e la reazione dei bambini, soprattutto nella classe di Mattia», ma anche altri hanno vissuto situazioni drammatiche, spiega Laura Isidori, psicologa clinica. «Dopo l’intervento di oggi, mercoledì procederemo con un incontro da remoto con le docenti per analizzare la prima risposta da parte dei più piccoli, poi un follow-up tra dieci giorni per vedere se ritrattare l’argomento con loro».

Non è semplice, sottolinea Laura, «i bambini immaginano e vivono quello che gli è stato riportato dagli adulti. Cercheremo di riflettere, fare un brainstorming, riflettere anche sull’emozioni legate a se stessi e nei confronti di quello che potrebbe essere inaugurato». Il banco è vuoto, e questa cosa arriva ai bambini. Ma non solo a loro.