L’aumento delle spese militari è un errore etico e politico: come Pd stiamo avallando l’idea di una corsa nazionalistica alle armi. La Germania ha aperto la strada, in modo che definirei preoccupante, e l’Italia va al seguito. Non in un quadro di difesa comune europea, ma come risposta a una richiesta della Nato e dunque degli Usa», ragiona Enrico Rossi, già presidente della Toscana dal 2010 al 2020,

Il suo partito, il Pd, non sembra avere dubbi.

Pensavo che la linea fosse quella di una difesa comune europea, e dunque di una revisione complessiva della spesa militare che preveda anche una sua riduzione: oggi l’Ue spende 4 volte la Russia.

Secondo il governo la guerra in corso richiede un riarmo.

Una corsa al riarmo non è motivabile con il conflitto in corso. E alzare le spese senza aver prima definito una difesa europea rischia di alimentare un nazionalismo bellicoso e pericoloso anche tra i paesi europei. Lo ha detto anche Prodi: prima si decide sull’esercito comune e poi si valuta come razionalizzare la spesa complessiva.

Il governo dice che alzare le spese al 2% del pil è un impegno preso dall’Italia già nel 2014.

Si trattava di un impegno generico. Ancor più in una situazione come quella attuale anche gli impegni presi devono passare al vaglio di una analisi critica. Si era pensato che la globalizzazione e il mercato potessero risolvere i conflitti. Ora che ci è scoppiata la guerra in casa siamo di fronte a un bivio: puntare su disarmo, cooperazione internazionale e riconversione green o su riarmo e combustibili fossili?

Per la sinistra dovrebbe essere una scelta scontata.

Purtroppo non è così. Vorrei che il Pd si ispirasse alla sua storia, al Berlinguer del no ai missili a Comiso, al Moro degli accordi di Helsinki dove si parlava di una Europa dall’Atlantico agli Urali. Mi chiedo nel clima di oggi quali accuse riceverebbero questi due statisti. L’Italia, nel rispetto delle sue alleanze, ha sempre cercato un profilo autonomo, mai schiacciato sui diktat americani. Questo ruolo sarebbe fondamentale anche oggi per la vicenda ucraina.

Vuole passare anche lei per neutralista?

Davanti all’orrore che vediamo, causato dalla Russia, dobbiamo semmai alzare il livello delle sanzioni e arrivare a interrompere l’acquisto di gas e petrolio. Ci saranno sacrifici? Certo, e andranno distribuiti in modo socialmente equo. Per fermare la guerra non c’è arma più forte di quella economica. Lo dico da tempo, sono d’accordo con il manifesto e sono contento che lo dica anche Letta.

Chiudere i rubinetti di colpo non è semplice.

Sì, bisognerà fare dei sacrifici e mettere in discussione le nostre abitudini. Contemporaneamente bisogna fare sul serio sulla riconversione ecologica, questa crisi deve essere un’occasione per un decisivo passo avanti.

L’Europa è divisa sul gas.

Certo, la Germania frena. Ma l’Italia deve fare la sua parte fino in fondo, senza timidezze, sullo stop al gas russo.

É stupito dalla linea del Pd?

Francamente sì, credo che tutti dovremmo evitare le invettive moralistiche, o di avere verità in tasca: su come reagire a questa crisi la sinistra deve discutere, con rispetto. La corsa al riarmo significa mettere in moto gli appetiti degli apparati dell’industria militare, aumentare ancora il loro potere, a cui una parte della sinistra non è estranea. Le armi e i fossili sono una risposta arretrata, una coazione a ripetere il passato.

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A chi si riferisce?

Penso al ruolo di Schroeder in Gazprom, ma anche a D’Alema, su cui emergono cose sconfortanti sulle armi. Non punto il dito contro le persone, segnalo un nodo politico: la sinistra ha pensato che il mercato globale risolvesse i problemi di classe e quelli geopolitici. Non era così. E dopo decenni abbiamo perso persino gli strumenti cognitivi per analizzare le crisi: se perdiamo le bussole del pacifismo, dell’ambientalismo e del no al riarmo la sinistra è finita.

Percepisce una rottura tra i dem e un pezzo del loro popolo?

Tante persone mi fermano per strada, esprimono preoccupazione e disorientamento per la posizione Pd. Non certo perché qualcuno simpatizza con Putin. E neppure per l’invio di armi italiane. Ma per la perdita di quelle bussole.

Secondo i dem in Ucraina le democrazie combattono contro le autocrazie.

Sarei molto cauto a utilizzare queste categorie e a riprodurle nei vari teatri di conflitto nel mondo. Sarebbe più opportuno evitare di lasciare la trattativa a un autocrate come Erdogan. O alla Cina.