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Energia e cibo, la crisi peggiore. Cuba può solo resistere

Energia e cibo, la crisi peggiore. Cuba può solo resistere

L'Avana Lo stop delle forniture di greggio dei paesi «amici», gli alimentari che scarseggiano, i dubbi sulle riforme. L’isola nella tormenta

Pubblicato circa un anno faEdizione del 8 ottobre 2023

Sono tornate le lunghe code ai distributori e le altrettanto lunghe interruzioni giornaliere della luce. Sono tornate per restare in un prossimo futuro. Lo ha detto chiaro il vice premier e ministro dell’Economia e delle Finanze, Alejandro Gil, in una tavola rotonda la settimana scorsa.

Cuba attraversa una grave crisi energetica, scarseggia la benzina e ancora peggio va per il diesel che alimenta le centrali elettriche. E le casse del governo sono in riserva. Tanto che l’unico rimedio è tirare la cinghia, energetica come alimentare. «Non arriveremo al punto di zero carburante, perché abbiamo programmato le prossime due settimane di razionamento», più o meno severo. Poi, si spera, la situazione migliorerà, ha affermato Gil.

LE CAUSE ESPOSTE dal vicepremier sono in gran parte un dejà vu per il cittadino comune. L’embargo Usa, la crisi internazionale, il caro petrolio che ne è un seguito, e il fatto che «alcuni fornitori non hanno rispettato» i rifornimenti garantiti.
Chi siano i fornitori è noto: il Messico, la Russia e il Venezuela bolivariano. Le ragioni sono altrettanto note. Con il barile che scala i 100 dollari per il Messico diventa troppo oneroso rinunciare a una consistente entrata per favorire Cuba con greggio pagato in compensazione all’operato dei medici cubani nella nazione azteca o in regalo. Inoltre gli Usa hanno annunciato una multa di 800 milioni di dollari alla messicana Pemex per aver fornito greggio a Cuba. Un brutto colpo: si calcola (Università del Texas) che il Messico dall’inizio dell’anno abbia inviato greggio all’isola per un valore attorno ai 200 milioni di dollari.

IL VENEZUELA GIÀ DA TEMPO ha dimezzato i circa 100mila barili giorno inviati degli anni passati e si trova nelle stesse condizioni del Messico. Però uno sforzo del governo Maduro c’è stato: in settembre sono stati inviati circa 860mila barili/giorno, ma una parte di essi deve ancora arrivare nell’isola.

La russa Rosneft ha da tempo messo in chiaro che non può/vuole mettere l’invio di greggio a Cuba in conto perdita. E dunque che riprenderà i rifornimenti all’isola solo «con la garanzia (di copertura del credito) del Cremlino».

In questo quadro dunque vi è una sola alternativa: resistere. Ma in condizioni economiche – e dunque sociali – che sono drammatiche. I prezzi sono saliti – l’inflazione alimentaria interannuale supera il 70% e per alcuni generi è il doppio – a livelli difficilmente sostenibili per il cubano de a pie. L’euro al mercato nero ha raggiunto quota 260 pesos, più del doppio del cambio ufficiale. Mettere qualcosa in tavola tre volte al giorno è diventato impossibile per una parte della popolazione che riesce a mangiare una sola volta al giorno.

LA RINNOVATA CRISI energetica manda in tilt buona parte dei trasporti e dunque anche la distribuzione della libreta, mediante la quale vengono assicurati generi di prima necessità con prezzi calmierati. Già oggi i generi forniti dalla libreta sono ridotti all’osso e durano una decina di giorni. Solo chi può – o deve – tirare la cinghia al massimo è capace di estenderli fino a una ventina di giorni. Anche in questo settore il vicepremier Gil ha annunciato tempi duri: il governo non ha soldi per comprare più cibo sui mercati esteri.

La coda della stagione ciclonica ci mette di suo: due giorni fa per le piogge è crollato un edificio nell’Avana vieja, con un bilancio di tre vittime, due delle quali pompieri. A ricordare che anche il settore abitativo è in crisi, con solo un terzo delle case giudicate in buon stato.

In questa allarmante situazione in cui si sommano crisi economica, energetica, alimentare e sociale è incorso un dibattito su quali riforme siano necessarie e urgenti per tentare di uscire da quella che ormai è riconosciuta – anche ufficialmente – come la peggiore crisi. Un generale accordo vi è sull’applicazione della riforma sugli investimenti esteri.

UN ALTRO TEMA CALDO riguarda il ruolo degli imprenditori privati nel «processo di trasformazione che l’economia (cubana) necessita». Le micro, piccole e medie imprese, in sigla cubana Mipymes, e le cooperative «con le regolazioni pertinenti il loro funzionamento sono componente e complemento imprescindibile dell’economia cubana in diversi settori chiaramente definiti, tanto nei servizi che nella produzione, soprattutto in agricoltura», sostiene l’economista Julio Carranza.

Ma avverte: «Il settore fondamentale dell’economia, che deve guidare lo sviluppo e mantenere il controllo dei principali mezzi di produzione, è il settore pubblico. Senza di esso non vi è opzione socialista, né progresso di giustizia sociale in Cuba». Però «è imprescindibile una visione oggettiva di quello che può o deve essere il socialismo in Cuba nelle attuali condizioni storiche, senza dogmi, pregiudizi o paralisi».

LA FOTOGRAFIA DI OGGI è che il socialismo cubano non riesce a produrre i beni necessari al paese. Dunque il problema non è se le imprese debbano o no essere statali, «ma che devono essere efficienti». Solo in questo caso il privato può essere una componente positiva.

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