Faticosa ricerca di un compromesso al Consiglio europeo sulla nuova ondata di sanzioni alla Russia, in particolare per l’embargo al petrolio, grezzo e prodotti petroliferi. Volodymyr Zelensky, in un intervento video, ha chiesto «unità» ai 27, di approvare l’embargo, di «mostare la forza» perché la Russia capisce solo questo, di agire per sbloccare l’export di cereali dai porti ucraini bloccati dai russi e ha evocato lo statuto di candidato alla Ue per l’Ucraina, che divide «vecchia» da «nuova» Europa e che verrà discusso al prossimo Consiglio a fine giugno.

È DA QUASI UN MESE che i 27 discutono sul sesto pacchetto, che non riescono a varare, per l’opposizione decisa dell’Ungheria, dietro cui si nascondono però gli interessi di altri paesi. Le prime ondate di sanzioni sono state più facili, con il petrolio si toccano grandi interessi e la prossima tappa – il gas – sarà ancora più difficile. Ieri, Viktor Orban è arrivato con spirito bellicoso: «Bruxelles, la battaglia comincia».

La Commissione propone un compromesso ai paesi senza sbocco al mare: limitare l’embargo al petrolio importato via cargo, con «un’esenzione temporanea» per il grezzo che arriva attraverso gli oleodotti. Per di più, Bruxelles concede anche di non menzionare un limite di tempo a questa esenzione, ma evocando soltanto di mettervi fine «il più presto possibile». Ci sono inoltre «garanzie» per i paesi in difficoltà. La prospettiva è un accordo a giorni.

La Ue importa dalla Russia un quarto del petrolio. L’embargo all’import del petrolio russo via mare significa bloccare i due terzi dell’export di Mosca. Resterebbe esente l’oleodotto Druzhba, che dalla Russia porta grezzo in Ungheria, che serve anche Slovacchia e Repubblica ceca, e che assicura il 30% dell’export russo di petrolio nella Ue.

IL PRIMO MINISTRO slovacco, Eduard Heger, ha accettato l’embargo in cambio di «garanzie», a cominciare da un’esenzione dell’embargo per due anni e mezzo e dalla certezza di poter accedere a altri fornitori. Alcuni paesi, Olanda e Belgio in testa, hanno sollevato la questione dell’equità, perché i paesi che continuano a riceve petrolio russo sarebbero avvantaggiati rispetto a quelli che rispettano l’embargo. Per spianare la tensione, Germania e Polonia – i due principali paesi interessati da questo vantaggio – si sono impegnati a non comprare entro fine anno petrolio russo arrivato attraverso l’oleodotto. Resta così da discutere sul 10% dell’import russo. Il progetto è un blocco delle importazioni di grezzo tra sei mesi e un embargo dei prodotti petroliferi russi a fine anno.

INTANTO IERI GAZPROM ha annunciato che da oggi taglia le forniture di gas alla società olandese GasTerra, perché ha rifiutato di pagare in rubli. Nel sesto pacchetto c’è l’esclusione di altre 3 banche russe dal sistema Swift (tra queste anche Sberbank, 37 del mercato russo), più l’allungamento di una sessantina di nomi nella lista delle personalità sotto embargo (c’è anche il patriarca ortodosso Kirill).

La nuova ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, è andata in Ucraina, primo viaggio di un ministro da Parigi. È arrivata in treno dalla Polonia, ha visitato Bucha, incontrato il ministro degli Esteri Kuleba e Zelensky. Colonna ha accusato la Russia e chiesto un’inchiesta indipendente sulla morte del giornalista francese Frédéric Lecler, ucciso da una scheggia di obice mentre stava facendo un reportage su un’evacuazione umanitaria vicino a Severodonetsk. È l’ottavo giornalista ucciso dall’aggressione russa in Ucraina.

IN DISCUSSIONE a Bruxelles gli aiuti all’Ucraina: la Ue ha già versato 4 miliardi, si è impegnata per altri 9 di prestiti a lunga maturazione (e una piccola parte di doni, per evitare una reazione negativa dei mercati, che potrebbe portare al default ucraino). La Ue propone anche un Fondo internazionale per la ricostruzione.

Sul tavolo dei 27 anche la questione della sicurezza alimentare e del blocco dell’export dai porti ucraini imposto dai russi: l’ipotesi è aprire «corridoi» da Odessa, ottenendo da Putin la garanzia che la Russia non ne approfitterà militarmente.

DOMANI, IN DANIMARCA c’è il referendum per far entrare il paese nella Politica estera e Difesa comune, da cui Copenhagen aveva ottenuto l’opt out nel 2007. Una decisione che fa eco alla richiesta di Svezia e Finlandia di entrare nella Nato, di cui la Danimarca è un pilastro. Gli europei stanno mettendo a punto degli acquisti comuni di armamenti.