Elisa: «La leggerezza è provare a restare me stessa»
Sanremo La cantante friulana parla del suo ritorno sul palco dell'Ariston: «Vittoria e fallimento per me sono come un temporale, una nuvola, il sole che va e viene, sono tutti passeggeri. Il punto che deve restare cruciale è la voglia di fare cose belle»
Sanremo La cantante friulana parla del suo ritorno sul palco dell'Ariston: «Vittoria e fallimento per me sono come un temporale, una nuvola, il sole che va e viene, sono tutti passeggeri. Il punto che deve restare cruciale è la voglia di fare cose belle»
21 anni. Sono una vita e paiono un istante. Quando Amadeus ha pronunciato la frase: «Dopo 21 anni Elisa torna a Sanremo» immagino che tutti, certamente tanti, avranno avuto quel brivido che preclude a un: «Non può essere, non può essere passato tanto tempo». E poi lei è scesa. Bianca, candida, lucente, leggera. E sì. Gli anni sono passati, ma restano comunque un battito d’ali se sono trascorsi nell’amore. «Per me è importante rimanere connessa – racconta la cantante – cerco sempre di capire cosa realmente voglio fare perché non è mai scontato. Sono fortunata perché quella che è la mia vera passione è anche diventata il mio lavoro, ma sono certa che avrei continuato a cantare anche se fossi rimasta una parrucchiera».
ELISA – in gara con O forse sei tu – ama ripetere che questo suo Sanremo è una sorta di Ritorno al futuro, anche nel look (sofisticatissimo) che ha ideato insieme allo stilista Pierpaolo Piccioli della maison Valentino, «insieme abbiamo intrapreso un piccolo percorso, mi aveva già seguito per i costumi del video di Seta. L’idea di tornare al bianco era intanto per riecheggiare la mia prima esperienza sanremese, un guardare indietro ma con lo sguardo in avanti». Il trucco è volutamente minimale, con la bocca naturale, solo luce sugli occhi che sono disegnati con linee grafiche, «conferma il mio legame con gli elementi naturali, ancestrali, eterei cui sono legata e che amo molto». La vittoria non era contemplata, non è venuta per questo. Lo testimonia anche l’emozione vera che si percepisce sia quando parla sia quando sale sul palco, «la verità è che io sono molto insicura. Non mi sento mai all’altezza di ciò che vorrei veramente dimostrare. Quando finisco di cantare ed esco di scena, la maggior parte delle volte le cose sono andate molto meglio di come immaginavo». È sempre stata sul podio, però. Indiscutibilmente tra le migliori, per stampa e pubblico e social, «la bellezza del vincere è nell’amore che ricevi dall’esterno. Il consenso, l’affetto, il riconoscimento sono forme d’amore e di accettazione, è molto gratificante. Verso i fallimenti devi saperti porre nello stesso modo, devi provare a essere obiettivo su ciò che è accaduto. La cosa fondamentale è essere sinceri e onesti con se stessi».
POI SOTTOLINEA: «Vittoria e fallimento per me sono come un temporale, una nuvola, il sole che va e viene, sono tutti passeggeri. Il punto che deve restare cruciale è la voglia di fare cose belle, di dare il massimo. È questo il motore di tutto. Altrimenti, quando finisce lo stupore di una vittoria, cosa ti resta in mano? Come continui ad alimentare i tuoi stimoli?». Non ha ballato su What a Feeling da Flashdance ma danzare, come faceva davanti a quel film da bambina insieme alla sorella, è la cosa che le piace forse di più insieme a cantare, «la mia voce è cresciuta con me. Ancora amo le canzoni che ho scritto a 16 anni». E cantare è alla base della frase del brano in gara che sente più sua: «Quando dico “quella stupida voglia di vivere”…il miracolo della felicità è il motore del mondo».
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