Sono molto attese le elezioni di domani in Brasile, dove Lula è dato favorito rispetto a Bolsonaro. Eppure, accanto alla mobilitazione della società civile e delle minoranze – testimoniata dallo speciale pubblicato ieri – si fatica a trovare la voce degli artisti e delle artiste brasiliane. Sono in pochi infatti ad essersi schierati apertamente, come riporta in un articolo «Libération» che analizza la scarsa presa di posizione dei musicisti, in particolare, in controtendenza rispetto alla tradizione del Paese in periodi anche più foschi come quello della dittatura.

EPPURE di motivi per schierarsi ce ne sarebbero molti, a partire dalla radicale cancellazione del Ministero della Cultura che Bolsonaro ha operato all’indomani della sua elezione nel 2018. In questi anni il Brasile ha visto la sparizione di una politica culturale e di ogni sostegno alla creazione artistica. Nessuna censura esplicita quindi, ma la determinazione di una condizione per cui agli artisti era sostanzialmente impossibile lavorare. Questo raccontava la scorsa estate al festival di Santarcangelo la performer teatrale, che abbiamo intervistato su queste pagine, Gabriela Carneiro da Cunha. Lei sì apertamente schierata, come Renata Carvalho, artista che si è esibita al festival Short Theatre di Roma all’inizio di settembre.

TORNANDO al mondo della musica, ci sono alcune notevoli eccezioni. Ha avuto grande risonanza la mossa, risalente allo scorso aprile, della superstar Anitta che era giunta a bloccare il presidente Bolsonaro su Twitter dopo che quest’ultimo aveva ironizzato sulla mise della cantante, colorata come la bandiera del Brasile, scelta cromatica ritenuta ormai di proprietà esclusiva dello schieramento al governo. La cantante aveva reagito spiegando che non voleva che Bolsonaro approfittasse della visibilità del suo account social, che conta 18 milioni di followers. Un’altra eccezione, quella del mega festival Rock In Rio svoltosi all’inizio di settembre, dove diversi musicisti avevano esplicitamente criticato dal palco Bolsonaro (regolarmente fischiato dal pubblico), nonostante la direzione della manifestazione avesse sconsigliato di politicizzare i concerti. Nello specifico si sono esposti i rapper Racionais MC’s, Emicida e Criolo, lo storico gruppo metal brasiliano Sepultura, i Gilsons (formati dal figlio e dai nipoti di Gilberto Gil), il jazzista Ivan Lins.
Molto decise anche le parole della cantante Céu, nominata ai Grammy nel 2007: «Il potere non ci mostra rispetto, non possiamo più esprimerci in sicurezza. Le mie parole non sono mai state un pamphlet ma sono una donna, una compositrice, un’artista libera. Sono quindi politica per natura. Bolsonaro prospera perpetuando l’ignoranza della sua popolazione, privata di una buona educazione e di informazioni accurate. Quindi sostengo Lula e lo grido ai quattro venti».
Nonostante queste voci importanti, non c’è stato quel movimento di opinione nel mondo artistico che sarebbe stato giustificato dalla gravità della situazione. Forse, in molti hanno preferito non schierarsi per non perdere parte del proprio pubblico.