Bolsonarista kamikaze all’attacco della Corte suprema, obiettivo il giudice de Moraes
Brasile Francisco Wanderley Luiz dopo aver fatto scoppiare un’auto nel parcheggio, ha lanciato dell’esplosivo contro il tribunale, facendosi poi saltare in aria. Ex candidato a consigliere comunale per il partito di Bolsonaro, aveva visitato la sede del Supremo Tribunal Federal già in agosto e sui social se ne era vantato: «Hanno lasciato la volpe entrare nel pollaio. O non conoscono le dimensioni delle sue zanne o è proprio stupidità»
Brasile Francisco Wanderley Luiz dopo aver fatto scoppiare un’auto nel parcheggio, ha lanciato dell’esplosivo contro il tribunale, facendosi poi saltare in aria. Ex candidato a consigliere comunale per il partito di Bolsonaro, aveva visitato la sede del Supremo Tribunal Federal già in agosto e sui social se ne era vantato: «Hanno lasciato la volpe entrare nel pollaio. O non conoscono le dimensioni delle sue zanne o è proprio stupidità»
Per un momento, il Brasile è ripiombato nell’incubo dell’8 gennaio 2023: l’invasione dei palazzi delle istituzioni da parte dell’estrema destra, nel quadro di quello che, in base alle indagini successive, si sarebbe rivelato un vero tentativo di golpe. Dietro le esplosioni avvenute mercoledì nei pressi dell’edificio della Corte suprema ci sarebbe invece, apparentemente, un individuo isolato, benché le autorità non scartino affatto l’esistenza di un piano più articolato e più ampio.
Il responsabile dell’attacco è il bolsonarista Francisco Wanderley Luiz, noto come Tiu França, il quale, dopo aver fatto scoppiare un’auto nel parcheggio, ha lanciato dell’esplosivo contro il tribunale, facendosi poi saltare in aria. Un’azione non improvvisata, considerando che l’uomo, ex candidato a consigliere comunale per il Partido liberal di Bolsonaro a Rio do Sul, a Santa Catarina, aveva visitato la sede del Supremo Tribunal Federal (Stf) già lo scorso 24 agosto, pubblicando poi sui social un post provocatorio: «Hanno lasciato la volpe entrare nel pollaio. O non conoscono le dimensioni delle sue zanne o è proprio stupidità».
Il suo obiettivo, secondo quanto ha dichiarato l’ex moglie Daiane, sarebbe stato quello di uccidere il giudice del Stf Alexandre de Moraes, nemico numero 1 dell’estrema destra brasiliana. Secondo la ex moglie, inoltre, Wanderley Luiz, che aveva già frequentato accampamenti golpisti subito dopo la sconfitta di Bolsonaro nel 2022, condivideva con altre persone idee sul modo in cui sferrare un attacco al Stf e alla Camera dei deputati, utilizzando a tale scopo anche piattaforme digitali.
Il bolsonarismo, tuttavia, non ringrazia neanche un po’. L’attacco terroristico di mercoledì, infatti, toglie ogni residua credibilità alla campagna a favore dell’amnistia per i fatti dell’8 gennaio portata avanti dalla destra all’interno del Congresso – e con maggiore convinzione dopo la vittoria di Trump – e utilizzata da Bolsonaro al fine di ottenere la revoca della sua ineleggibilità. Con la speranza che la promessa di Trump di amnistiare i responsabili dell’assalto a Capitol Hill possa avere ricadute vantaggiose anche sul Brasile.
Non a caso l’ex presidente ha liquidato l’attacco come un «triste episodio» e un «fatto isolato», esortando alla pacificazione nazionale e auspicando, con accenti insolitamente moderati, un ambiente in cui «la forza degli argomenti pesi di più dell’argomento della forza». Quell’argomento, da lui tanto spesso usato, che ora gli si è ritorto contro.
A vanificare le sue speranze, infatti, è stato proprio de Moraes, il quale ha dichiarato che la pacificazione del paese non sarà mai possibile se non verranno puniti tutti i responsabili di attentati contro la democrazia: «Quanto è avvenuto ieri non è un fatto che può essere isolato dal contesto», ha affermato, riferendosi al clima creato, sotto il governo Bolsonaro, dal cosiddetto «gabinetto dell’odio», quell’organizzazione criminale, cioè, impegnata a lanciare fango contro le istituzioni. Un «avvelenamento costante» contro cui il ministro del Stf ha ribadito la necessità di una regolamentazione dei social network.
Ed è proprio quel contesto che rischia oggi di inasprirsi con il trionfo di Trump, grazie a cui l’estrema destra, già molto attiva nel paese, ha preso ulteriormente coraggio, forte dell’appoggio di figure come Elon Musk, notoriamente assai ostile a Lula, da lui definito come «cagnolino di compagnia» del giudice «dittatoriale» de Moraes, o come Marco Rubio, scelto da Trump come prossimo segretario di Stato, anche lui fortemente critico nei confronti di Lula e del Stf.
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