El Salvador, Bukele stravince e si prende il parlamento
Le elezioni legislative nel paese centroamericano Il giovane presidente in carica entra trionfalmente in aula con il suo partito Nuevas Ideias. Farabundo Martì e la destra di Arena ai minimi termini
Le elezioni legislative nel paese centroamericano Il giovane presidente in carica entra trionfalmente in aula con il suo partito Nuevas Ideias. Farabundo Martì e la destra di Arena ai minimi termini
A scrutinio pressoché concluso, Nayib Bukele, primo capo di stato della generazione dei millennials in America Latina, fa il suo ingresso trionfante in parlamento con il suo partito Nuevas Ideas sul filo della conquista dei due terzi dei seggi. Mai un presidente aveva potuto contare in El Salvador su una maggioranza così ampia dell’Assemblea legislativa. E se nei primi due anni alla testa dell’esecutivo aveva dovuto subire il boicottaggio sistematico dei deputati della destra di Arena e della sinistra dell’ex guerriglia del Fronte Farabundo Martì, ora avrà la strada pressoché spianata per nominare parte della Corte suprema di giustizia e soprattutto per modificare la costituzione, che al momento gli impedirebbe di ricandidarsi.
Insomma Bukele si è convertito in sovrano assoluto; che era poi ciò a cui puntava fin dall’intimidatoria e assai poco democratica occupazione del parlamento di un anno orsono, scortato da polizia ed esercito.
Del resto, secondo un recente sondaggio, oltre la metà dei salvadoregni ritiene che non ci sia differenza fra dittatura e democrazia. La prima imposta sanguinosamente per decenni dalla destra oligarchica e corrotta, prima e durante la guerra civile. La seconda vissuta dopo gli accordi di pace del 1992 (definiti oggi provocatoriamente da Bukele «una farsa») in un’alternanza fra le due storiche forze politiche, che si è rivelata però incapace di fronteggiare le disperate condizioni di vita della gran parte dei salvadoregni. Compreso l’ultimo decennio in cui ha governato il Farabundo Martì, con i paralizzanti veti in parlamento di Arena subiti indirettamente dallo stesso Bukele mentre era sindaco di San Salvador per il Fronte. Che finì poi improvvidamente per espellerlo dal partito per le sue intemperanze.
Bukele è assurto ad antisistema per eccellenza; considerato un po’ come l’ultima spiaggia per il minuscolo formicaio salvadoregno. E qualcosa ha ben fatto per guadagnarsi questo enorme consenso, al di là della sua capacità comunicativa con i giovani che lo seguono fedelmente sui social. Nei primi mesi della pandemia aveva distribuito 300 dollari agli incapienti (almeno la metà degli abitanti del Salvador) salvo doversi fermare sul percorso perché (in assenza di un vero censo) i più erano privi del necessario documento d’identità. Per passare poi ai pacchetti alimentari episodicamente distribuiti ai più emarginati. E finire con l’ultima iniziativa in ordine di tempo: l’avvio della distribuzione gratuita di computer (internet compreso) agli alunni delle scuole. Con la promessa nel tempo di arrivare a fornirli a tutti (per un ammontare di ben 450 milioni di dollari che nessuno sa dove troverà).
E così gli viene perdonato di non sostenere in parlamento, insieme alla destra, la petizione per difendere l’acqua come bene pubblico, sulla quale ha messo avidamente gli occhi l’impresa privata. O di non avere alcuna intenzione di derogare la legge per la quale oltre una trentina di giovani donne dei ceti più deboli siano in carcere condannate a trent’anni per presunta violazione una legge che vieta l’aborto anche in caso di stupro, malformazione del feto o rischio di salute per la madre.
Insieme alle parlamentari, domenica si sono svolte anche le elezioni per i sindaci dei 262 municipi del paese. Il conteggio è ancora in corso ma, pur con un margine inferiore, Nuevas Ideas si è imposta in numerosi di questi, a partire dalla capitale San Salvador attualmente amministrata da Arena.
L’affluenza alle urne ha superato appena la metà degli aventi diritto; un dato comunque significativo in tempo di pandemia. Con Arena e ancor più il Farabundo Martì ridotti ai minimi termini; alla pari del destrorso e corrotto partito Gana che Bukele aveva “affittato” per la sua campagna a presidente.
C’è da chiedersi ora come Bukele si comporterà con le maras, bande giovanili che controllano ampie zone del territorio, soprattutto nelle periferie delle città; e con le quali aveva fino ad ora tenuto un doppio registro: repressivo (è circolata ovunque lo scorso anno la foto di centinaia di mareros a dorso nudo accucciati in file nel capannone di un carcere) e al contempo negoziatore; tanto da registrare una significativa caduta degli assassinii nel paese.
Preoccupa infine l’intolleranza di Bukele con la stampa, soprattutto quella indipendente e in particolare verso il gruppo editoriale El Faro, che si è fatto una certa fama internazionale nel mondo dei media; composto di giovani come lui, democratici, progressisti, liberi…
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