Di certo al momento ci sono solo le vittime: due donne tedesche sono state uccise e altre quattro ferite (due di nazionalità armena e due di nazionalità ucraina) da un attentatore armato di coltello ieri nel primo pomeriggio .

L’uomo sarebbe arrivato a nuoto da una spiaggia pubblica accanto a quella privata del resort Sunny Day el Palacio dove le donne erano in vacanza, nella località egiziana di Hurghada sul Mar Rosso, già colpita in passato da attacchi simili.

Con in mano un coltello ha aggredito i turisti colpendoli al petto due-tre volte, apparentemente gridando – dicono testimoni – «non voglio egiziani, non è voi che cerchiamo».

Non se ne conosce l’identità. Chi era sul posto lo descrive come un giovane sui vent’anni, vestito con jeans e t-shirt. Per ora si sa solo che è stato fermato dalla polizia egiziana e arrestato. È sotto interrogatorio.

Si attende di capire i motivi del gesto, su cui le autorità egiziane non si sbilanciano: nessuno ha ancora parlato di terrorismo.

Un anno e mezzo fa, a gennaio 2016, due uomini armati di pistola e cintura esplosiva ferirono tre turisti stranieri in un hotel di Hurghada. All’epoca si parlò di Stato Islamico o comunque di attentati ispirati dalla rete jihadista.

Atti che hanno fatto crollare il settore turistico egiziano, una delle principali fonti di sussistenza per molte famiglie soprattutto in Sinai e sul Mar Rosso e già duramente indebolito dal disastro aereo del 2015 (un volo russo della Metrojet precipitato con 224 persone a bordo, probabilmente per una bomba all’interno, rivendicata dall’Isis).

Proprio in Sinai, penisola dimenticata dagli investimenti del governo centrale, è più forte la presenza di gruppi islamisti, alcuni dei quali affiliatisi negli ultimi anni all’Isis e che compiono con regolarità assalti contro checkpoint militari e forze di sicurezza.

Le autorità egiziane hanno reagito imponendo un duro stato di emergenza in Sinai e coprifuoco notturni, misure denunciate dai locali perché considerate il modo per nascondere abusi contro la popolazione.

Dopo l’attacco alle due chiese copte il giorno della Domenica delle Palme, lo stato di emergenza è stato allargato a tutto il paese. Anche in questo caso portandosi dietro le proteste di associazioni per i diritti umani locali e internazionali che hanno ben spiegato come simili misure siano volte a zittire la società civile e gli oppositori piuttosto che a fermare il terrorismo islamista.

E ieri, poche ore prima dell’attacco al resort, la dimostrazione che commando armati possono comunque colpire ovunque è stato dato a Giza: cinque poliziotti sono stati uccisi a poca distanza dalle Piramidi, a sud della capitale, da un gruppo armato. Nessuna rivendicazione è per ora giunta, ma le autorità pensano all’islamista Hasm, responsabile di attentati della stessa portata negli ultimi mesi.