Su armi e difesa, l’Ucraina detta la linea all’Europa. Il nuovo tassello della corsa agli armamenti in cui l’Ue è pienamente lanciata, arriva come un vero e proprio manuale d’istruzioni messo a punto da Kiev per invitare l’Europa a compiere la metamorfosi dell’economia di pace in economia di guerra. Ce n’è bisogno, secondo Kiev, perché solo uno sforzo comune degli europei, oltretutto profondamente integrato con la capacità produttiva militare da parte ucraina, potrà produrre i risultati sperati per respingere l’avanzata di Mosca.
Quei risultati che non sembrano essere arrivati, viste le attuali difficoltà incontrate dalle truppe di Kiev, per quanto militarmente sostenute da paesi europei e Nato. Da parte sua, Bruxelles risponde assicurando sostegno incondizionato.

L’OCCASIONE PER LANCIARE la roadmap che dovrebbe rendere concrete intenzioni e promesse europee è arrivata dal primo “Ue-Ukraine defence industries forum”, che si è tenuto ieri a Bruxelles. All’evento hanno partecipato 140 aziende del comparto bellico e circa 400 tra operatori del settore Difesa e rappresentanti istituzionali, tra cui l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell e il commissario al Mercato interno Therry Breton, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba e quello per le Industrie strategiche Oleksandr Kamyshin.

Proprio da Kuleba è arrivato l’invito ad «abbandonare gli egoismi nazionali e lavorare insieme per garantire la nostra sicurezza condivisa». Nessun paese Ue può riuscire a fornire da solo le armi di cui Kiev ha bisogno, ha detto il ministro intervenendo all’incontro di Bruxelles in videocollegamento. Per agire efficacemente sarà necessario «creare uno spazio industriale di difesa comune all’interno dell’Unione Europea e dei Paesi partner e candidati all’adesione», che comprende la stessa Ucraina. D’altronde, ha sottolineato Kuleba, Kiev è ormai una potenza dell’industria della difesa, tanto che molti governi e aziende stanno già collaborando con questo settore.

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LA CREAZIONE DI UN SISTEMA industriale interconnesso sarà quindi un buon affare, sia per aiutare l’Ucraina che per «generare ritorno nella sicurezza dell’Europa». Un modo ulteriore per evidenziare che «il futuro del Paese è nell’Unione europea», osserva il responsabile dell’Industria del governo di Kiev Kamyshin.

Per Bruxelles risponde Borrell, che acconsente alle richieste ucraine promettendo l’apertura entro fino anno di un ufficio Ue a Kiev. Servirà a «facilitare l’incontro tra le start-up ucraine e le società di difesa dell’Unione europea», chiarisce l’Alto rappresentante. Al termine del forum, la Commissione Ue assicura che insisterà nell’incoraggiare i governi nazionali a fornire all’Ucraina più assistenza militare in tempi più rapidi, poi ricorda il sostegno messo in campo attraverso lo “European Peace Facility” (Epf), fondo europeo pluriennale dal valore di 5,7 miliardi di euro. Inoltre proprio ieri, stando a un’anticipazione della testata Politico.eu, sarebbe arrivata dall’esecutivo comunitario la proposta di sanzionare per la prima volta il gas naturale liquefatto (gnl) di provenienza russa: non un aiuto diretto a Kiev ma certo un ulteriore segnale, questa volta sul versante energetico e commerciale, della distanza da Mosca.

ALL’ESPOSIZIONE DEL PIANO operativo di difesa, Kiev aggiunge le ragioni che motivano l’auspicata metamorfosi dell’economia (e di mentalità) europea. Intanto, sostiene ancora Kuleba, se non ce ne fossimo accorti, nell’Ue «la corsa agli armamenti è già iniziata». Tanto vale andare fino in fondo, anche perché di fronte «all’attuale ritmo di militarizzazione della Russia, il più alto dai tempi dell’Unione sovietica», non possiamo usare «semplici dichiarazioni politiche». A fortiori, se non ci si arma in fretta («siamo in una corsa contro il tempo»), la situazione rischia di precipitare. Mosca capisce solo la forza, «ciò che possiamo fare è vincere e scoraggiare l’aggressività della Russia, dimostrando che l’Europa ha i mezzi per difendersi oggi». Così, «se vogliamo mantenere la pace nell’Ue, dobbiamo passare a un’economia e un’industria europee in tempo di guerra».

A ROMA, INTANTO, mentre il governo è a lavoro su nuovi aiuti militari per Kiev, le mosse di Bruxelles, insieme alle dichiarazioni di Macron su possibile invio di truppe di terra provocano reazioni a catena. Frena il ministro degli Esteri Tajani: «Non manderemo soldati in Ucraina, non siamo in guerra con la Russia», mentre l’alleato di governo Salvini scandisce: «La Lega non permetterà mai l’invio di soldati». Contro i boots on the ground anche la segretaria democratica Schlein: «Sarebbe un errore madornale».