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Ecco i decreti firmati. Banche tassate con il tetto e non si prevede l’incasso

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Giochi da tavolo Prudente la reazione dell’Abi: «Siamo sorpresi». E pronti a svuotare ancora il provvedimento

Pubblicato circa un anno faEdizione del 11 agosto 2023

Il presidente della Repubblica ha firmato i due decreti partoriti dall’ultimo Consiglio dei ministri quello sulla giustizia e l’altro con all’interno la tassa sugli extraprofitti bancari e le nuove norme sui taxi e sul caro voli. Non è il fischio di fine partita, piuttosto quello dell’inizio. La prossima mano si giocherà in settembre, quando i decreti saranno in parlamento per la conversione.

Il comitato di presidenza dell’Abi (Associazione bancaria) si è riunito ieri mattina e al termine del vertice ha diramato un comunicato all’insegna della sobrietà e della misura. Anche perché dalla relazione tecnica che accompagna il decreto si scopre che non è possibile fare previsioni sul gettito della nuova tassa: «Dal punto di vista strettamente finanziario, la disposizione determina effetti positivi in termini di entrate prudenzialmente non stimati».

Le banche comunque si dichiarano «sorprese» e confermano di essere «molto unite» ma in un atteggiamento non apertamente battagliero, improntato anzi a «cautela, fermezza, serietà, senso di responsabilità». Nessuno scontro aperto, dunque, ma una trattativa discreta per svuotare quanto più possibile il provvedimento.

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I banchieri sono persone di mondo. Sanno perfettamente che a questo punto Meloni e Salvini non potrebbero ritirare la tassa senza pagare un prezzo altissimo in termini di immagine e credibilità. Sanno anche che, per lo stesso motivo, ingaggiare un braccio di ferro aperto spingerebbe la premier e il suo vice leghista a irrigidirsi perché ogni concessione suonerebbe come una sconfitta. Dunque adottano la strategia opposta. Esprimono dissenso sì, ma con massima cortesia. Il presidente Patuelli, appunto «cauto», precisa che «non bisogna far precipitare la situazione».

Le banche hanno già ottenuto risultati ottimi prima col passaggio degli extraproftti tassabili dal 3% rispetto al 2022 e 6% sul 2021 ai 5 e 10% già in consiglio dei ministri, poi con l’apposizione della soglia del prelievo allo 0,1% sull’utile netto, che ha dimezzato la potenza del colpo. Si può fare di più, con calma e senza trillare. Del resto i banchieri possono permettersi di fare i compassati perché contano su un bombardamento a tappeto che non deve vederli direttamente impegnati ma che è già in corso.

Ieri è stato il turno di Moody’s. Gli analisti dell’agenzia di rating bocciano senza appello la tassa definendola «Credit Negative» per l’intero settore. Secondo le loro stime i cinque principali istituti di credito italiani, subiranno una mazzata sull’utile netto nell’ordine del 15% in meno. È vero che la stessa misura è stata adottata in Spagna, sottolinea Moody’s. Anche così, specificano di sfuggita gli analisti, «la redditività resterà alta», ma tant’è. Esprime a voce altissima la propria delusione anche il Financial Times che già dal titolo, «La Robin Hood Tax danneggia la reputazione dell’Italia».

Più che un articolo quello del quotidiano inglese è un monito preciso rivolto alla premier: «La gaffe del governo italiano ha inflitto un serio danno alla credibilità degli sforzi del primo ministro Meloni per presentarsi come un’amministratrice credibile dell’economia». Sin qui la leader della destra italiana aveva piacevolmente sorpreso i salotti buoni della finanza per le sue politiche austere e fedeli al rigore. Stia attenta a non giocarsi tutto con pazzie del genere.

I siluri internazionali confermano quelli nazionali, che sono innumerevoli. Da Profumo a Passera, passando per l’ex ministro dell’economia Tria che sdegna la tassa come «demenziale» e per praticamente tutti i commentatori economici delle testate che contano, il fuoco di fila è impressionante. Ad affossare la tassa non possono essere i politici: devono pensarci i tecnici.

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