In alcune zone della Romagna ha piovuto per quarantotto ore di fila, dal pomeriggio del primo maggio a ieri alle 13, scaricando in appena due giorni fino a un quarto delle precipitazioni misurate in media in un anno. Secondo Sandro Nanni, che dirige la Struttura idro-meteo-clima dell’Agenzia regionale per la prevenzione, l’ambiente e l’energia dell’Emilia-Romagna, si è trattato di un «evento molto rilevante», che diventa «unico tra quelli registrati finora» per estensione, avendo interessato un territorio che va dalla Valsamoggia, ad Ovest di Bologna, fino alle città di Faenza (Ra) e Forlì (Fc).
Si tratta tecnicamente di un ciclone extra-tropicale. Ma in questo caso la perturbazione è rimasta più stazionaria e ha avuto una dinamica molto più lenta
Che cosa è successo?
Si tratta di un evento di lunga durata, tecnicamente un ciclone extra-tropicale. Sono le tipiche perturbazioni che interessano il Bacino del Mediterraneo, ma in questo caso, rispetto alle dinamiche più ordinarie, la perturbazione è rimasta più stazionaria e ha avuto una dinamica molto più lenta, che ha portato la pioggia per due giorni di fila.

Qual è la caratteristica delle precipitazioni registrate?
Non sono state precipitazioni di tipo estivo, convettivo, legate ai temporali, ma pioggia a bassa intensità oraria, con quantitativi anche di pochi millimetri. Questa pioggia però ha avuto una grande continuità, che ha visto registrare in alcuni dei pluviometri disposti lungo l’area pedecollinare oltre la via Emilia e fino alla prima collina valori tra i 200 e i 270 millimetri, quest’ultimo dato nel Comune di Fontanelice (a 18 chilometri da Imola, lungo il corso del Santerno, nella città metropolitana di Bologna). Le precipitazioni hanno interessato affluenti di sinistra del Reno, come il Samoggia, l’Idice, ma anche il Sillaro, il Santerno, il Senio, e poi alcuni fiumi romagnoli, come il Montone e il Lamone, quello che attraversa Faenza. In molte aree si sono toccati i 150 o i 100 millimetri, che impattano sezioni piccole, perché parliamo in alcuni casi di torrenti.

Possiamo parlare di evento estremo?
Non abbiamo ancora fatto una verifica puntuale, ma quel che è certo è che sia un evento molto rilevante. Per fare un raffronto, i 200 o 270 millimetri di pioggia rappresentano un quantitativo che può capitare in tutta una Primavera. A Pianoro (Bo), a Fontanelice Castel San Pietro Terme (Bo), i valori medi annui vanno dagli 800 ai 900 millimetri. In più veniamo da due anni, il 2021 e 2022, che sono stati tra i più poveri in relazione alle precipitazioni, con una conseguente una situazione di siccità che stiamo ancora registrando.

Tutta quest’acqua in due giorni cos’ha provocato?
Tutti i fiumi che ho nominato prima, pur partendo da livelli bassi di attenzione, man mano sono passati al livello giallo di attenzione, quando il corso d’acqua sta nel proprio letto o inizia a uscire per occupare le parti golenali, raggiungendo poi il livello successivo, l’allarme rosso, quando l’acqua sta raggiungendo la sommità degli argini. Se le condizioni di livello 3 perdurano, allora ci possono essere esondazioni, rotture arginali, com’è successo ad esempio nel caso del Sillaro. Sono molti però gli argini in situazioni critiche, perché il volume d’acqua era significativo e vengono da due anni praticamente senz’acqua. Un episodio significativo ha interessato anche la città di Bologna, dove il rio Ravone, che scende dalla collina di San Luca e all’altezza della facoltà, in via del Genio, viene tombato fino a via Saffi, vicino all’Ospedale Maggiore, ieri ha determinato problemi, perché il volume d’acqua era improvvisamente maggiore di quello che la sezione della tombatura riesce a sopportare.

Era mai successo qualcosa del genere in Emilia-Romagna?
La situazione è questa: il nostro centro funzionale è operativo dal 2004 e su alcuni di questi bacini i colmi che abbiamo registrato sono pari o superiori in alcuni casi ai massimi storici, almeno nei vent’anni da quando abbiamo iniziato a seguire le piene dei fiumi. Siamo di fronte a uno degli eventi più rilevanti mai registrato, unico tra quelli registrati finora per numero di bacini coinvolti che hanno visto un superamento del livello 3. Ciò ha causato anche molte frane in Appennino, con conseguente chiusura delle strade.