Italia

Immigrazione, «è ora di uscire dal vicolo cieco della riforma di Dublino»

Il rapporto della Fondazione Migrantes Chi si ostina a parlare di invasione non sta dicendo la verità. Anzi a ben guardare l’emergenza è prima di tutto umanitaria, perché il Mediterraneo - spiegano - resta la frontiera più letale del mondo

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 22 febbraio 2018

«Taxi del Mediterraneo», «stop all’invasione», «aiutiamoli a casa loro». Sui migranti si è detto, e si continua a dire di tutto, con un clima elettorale che non aiuta di certo la discussione.

A dare una mano potrebbero essere i dati del rapporto 2018 della Fondazione Migrantes.

«Il Diritto d’asilo. Accogliere, proteggere, promuovere, integrare», il titolo del volume presentato ieri a Ferrara.

Prima notizia: sulle rotte del Mediterraneo nel 2017 hanno raggiunto via mare l’Europa 171 mila persone, erano 363 mila nel 2016 e poco più di milione nel 2015.

Chi si ostina a parlare di invasione non sta dicendo la verità. Anzi a ben guardare l’emergenza è prima di tutto umanitaria, perché il Mediterraneo – spiega Migrantes – resta la frontiera più letale del mondo, più di quella tra Usa e Messico di cui tanto si parla. Tra il 2015 e il 2017 sono morte 12 mila persone nella traversata. Una strage.

La «buona» notizia è che nel 2017 in termini assoluti i morti sono scesi a 3 mila 771, contro i 5 mila 143 dell’anno precedente. La pessima è che è aumentata, sia pure di poco, l’incidenza dei morti sul totale di coloro che si sono imbarcati: oggi perdono la vita nelle acque del Mare Nostrum (ma si tratta sempre di stime per difetto) quasi 2 persone ogni 100 partite, mentre nel 2016 il dato si era attestato su poco più di una su 100.

Un dato che potrebbe essere utile leggere anche alla luce delle polemiche furiose di questa estate che hanno preso di mira le ong «taxi del Mediterraneo». Mentre Lega e 5 Stelle si scagliavano contro i salvataggi e Minniti rendeva la vita più difficile alle organizzazioni non governative, il Mare Nostrum diventava sempre più letale per coloro che tentavano di attraversarlo con mezzi di fortuna.

Altri dati dal rapporto: nel 2017 il contatore degli arrivi di migranti e profughi in Italia si è fermato a 119.369 persone, il 34% in meno rispetto alle 181.436 del 2016 (erano state 153.842 nel 2015). Primo Paese di provenienza si conferma la Nigeria, seguita da Guinea, Costa d’Avorio, Bangladesh, Mali ed Eritrea. Dove è finito quel 34% in meno, in tutto 60 mila persone? Forse sono tutti bloccati in Libia, probabilmente nei lager sparsi per il paese.

«Dove siano finiti è una domanda serissima che dobbiamo farci – commenta la curatrice del rapporto Cristina Molfetta – Sicuramente le politiche del governo sono riuscite a tenere lontane dai confini molte persone, ma non a cancellare le motivazioni che inducono quelle persone a migrare. La verità è che li stiamo proteggendo sempre meno».

Secondo i dati del Viminale nel 2017 hanno chiesto protezione in Italia circa 130 mila persone (per la prima volta il numero supera gli arrivi via mare durante l’anno).

Nel 2016 i richiedenti asilo erano stati 123.600, e 83.970 nel 2015. Un trend in ascesa che si spiega con le politiche sempre più respingenti dei vari Stati della fortezza Europa. «Se tutto attorno all’Italia i confini si chiudono e l’accoglienza diminuisce – commenta la curatrice – è fisiologico che ci sia un aumento delle richieste nel nostro paese».

Nel dettaglio nel 2017 sono stati esaminati circa 80 mila richiedenti asilo e accordata protezione a oltre 30 mila di essi. Ma una larga maggioranza, poco sotto il 60%, si sono visti respingere la loro domanda.

Nel dossier si parla anche di chi ha deciso di accogliere i migranti in casa. Oltre 400 famiglie in tutta Italia negli ultimi tre anni per un totale di 500 tra rifugiati e richiedenti asilo. Forse poche, comunque un esempio di accoglienza diffusa e di altissima qualità.

Alla fine del rapporto le proposte per superare quella che la Fondazione Migrantes chiama il «vicolo cieco» del diritti d’asilo in Europa: un nuovo regolamento di Dublino finalmente aderente al principio di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati; l’introduzione di un regolamento a livello europeo che disciplini il reinsediamento dei rifugiati da Paesi terzi prevedendo per gli Stati membri obblighi chiari; un’estensione della protezione sussidiaria, ancorandola alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

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