Inasprimento delle leggi europee contro i trafficanti di uomini, partenariati con il paesi di origine e di transito dei migranti e una strizzatina d’occhio ai «nostri amici Balcani occidentali che – come dice la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen – non sono solo vicini, ma futuri membri della nostra Unione». Ma soprattutto che, come oggi succede con l’Albania, in futuro potrebbero collaborare attivamente per fermare il flusso di migranti. Sono alcuni degli obiettivi annunciati nel corso della «Conferenza internazionale su un’alleanza globale per contrastare il traffico di migranti», che si è tenuta ieri a Bruxelles.

Mancano ormai meno di otto mesi alle elezioni europee e le grandi manovre per convincere le opinioni pubbliche dei 27 Stati membri sono già cominciate. E come era facile prevedere a tenere banco è uno dei dossier più spinosi per l’Ue come l’immigrazione, visti anche i pochi risultati ottenuti finora. Dopo l’accelerazione dei mesi scorsi, il Patto su immigrazione e asilo si è infatti di nuovo arenato per le divergenze nate nel frattempo tra Consiglio e parlamento europeo, con il primo che vorrebbe procedere approvando i punti sui quali c’è un accordo unanime rimandando la discussione sulle questioni più ostiche come la ripartizione obbligatoria dei migranti. E il parlamento che è invece contrario allo spacchettamento e chiede di esaminare il Patto tutto insieme. Senza citare il Memorandum con la Tunisia, di cui ormai quasi non si parla più, o il recente accordo tra Italia e Albania sul quale la Commissione Ue ancora non si è espressa nonostante siano passate tre settimane da quando la presidente Giorgia Meloni ne ha dato notizia con il premier albanese Edi Rama.

Insomma, al di là degli annunci, sono ben pochi i risultati concreti da poter presentare agli elettori europei e la conferenza di ieri serve anche a porre rimedio a questi ritardi. «Gestire la crisi è importante, ma non basta» avverte dunque Ursula von der Leyen. «Dobbiamo costruire una risposta sistemica, che metta fuori gioco i trafficanti di migranti e prevenga la perdita di vite umane».

Se questi sono gli obiettivi, le soluzioni proposte ieri sono state quasi tutte già sperimentate in passato senza particolari risultati. Per Bruxelles un modo per evitare le tante tragedie del Mediterraneo non è organizzare una missione navale di ricerca e soccorso – come in passato sono state quella italiana Mare nostrum o l’europea Sophia – ma impedire la partenza di quegli stessi barconi. «Ciò comporta la cooperazione nella gestione delle frontiere e sulla condivisione dell’intelligence», spiega la presidente della Commissione che propone anche campagne di informazione nei Paesi di origine dei migranti e attenzione verso il cosiddetto contrabbando digitale. «La maggior parte degli attraversamenti irregolari oggi sono pubblicizzati su social media – spiega von der Leyen – organizzati su app di messaggistica e pagati tramite trasferimento digitale. E questo fenomeno può essere affrontato solo a livello internazionale».

Ma la Commissione ha anche proposto un aggiornamento del quadro legislativo vecchio di 20 anni, prevedendo pene fino a 15 anni di reclusione (dagli attuali 8) per chi, favorendo l’immigrazione irregolare, provoca la morte di una o più persone. Il reato di favoreggiamento non riguarderebbe però le organizzazioni non governative. «Attività come l’assistenza umanitaria da parte della Ong – specifica infatti la Commissione – l’adempimento di un obbligo legale di ricerca e salvataggio, l’assistenza da parte dei familiari e degli stessi migranti non devono essere criminalizzate».

Per l’Ue fondamentali sono infine gli accordi di partenariato. Quelli futuri potrebbero riguardare Egitto e Marocco. Mentre nei giorni scorsi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha incontrato i colleghi di Libia e Tunisia con i quali ha discusso anche di rimpatri volontari dai due paesi del Nordafrica verso i paesi di origine. «Nelle ultime settimane abbiamo registrato una calo degli sbarchi provenienti dalla Tunisia, compensato tuttavia da da un incremento delle partenze dalla Libia», ha spiegato il ministro a Bruxelles chiedendo un maggiore impegno da parte dell’Ue. «L’Italia è pronta ad assumer un ruolo trainante dell’iniziativa – ha spiegato – ma è essenziale che ci sia anche il sostegno di altri Stati europei per garantire un finanziamento adeguato per i programmi di rimpatrio».