In una malcelata reazione tutta politica alle manifestazioni per il cessate il fuoco a Gaza che ingrossano da mesi le strade di Londra e altre città britanniche, il governo di Rishi Sunak ha varato ieri una preannunciata, fumosa e fumogena definizione di cosa sia l’estremismo. Questo sarebbe «la promozione o l’avanzamento di un’ideologia basata sulla violenza, l’odio o l’intolleranza che mira a negare o distruggere i diritti e le libertà fondamentali degli altri».

La definizione comprende chi cerca di «minare, rovesciare o sostituire il sistema di democrazia parlamentare liberale e i diritti democratici del Regno Unito» o di creare intenzionalmente un «ambiente permissivo» per consentire ad altri di raggiungere tali obiettivi. È una revisione quella in essere – e già di per sé problematica – dal 2011, ed è stata sciorinata ieri ai Comuni dal Community Secretary Michael Gove, già compagno di merende di Boris Johnson ai bei tempi del Brexit referendum.

TALI LINEE GUIDA non hanno ricadute penali, mirano piuttosto a interrompere il finanziamento del governo o il suo coinvolgimento con le attività di gruppi che diffondono ideologie estreme o odio. Ma l’oggettiva impossibilità di fissare in una griglia qualcosa di così liquido e impalpabile, e la puntuale ondata di critiche che una simile trovata ha raccolto – anche dallo stesso partito conservatore, la cosiddetta corrente “libertaria” – evidenziano quanto si tratti di una trovata elettoralistica da parte di un partito in caduta libera nei sondaggi che si è fisiologicamente schierato con Israele nonostante il diritto di quest’ultima a difendersi dopo gli efferati attacchi del 7 ottobre ormai barcolli davanti agli oltre (ogni altro aggiornamento continua ad avere questo attributo, «oltre») trentamila morti di Gaza.

Le critiche non vengono solo da sinistra: nella definizione annunciata rientrerebbe a pennello anche Frank Hester ,“uomo d’affari” donatore al partito di dieci milioni esentasse che ha sputacchiato insulti razzisti a Diane Abbot, la prima deputata nera di Westmnister, già alleata di Jeremy Corbyn, insulti che il recalcitrante Sunak ha condannato con tre giorni di ritardo (e senza restituire i soldi, ahinoi già spesi).

La realtà è che il problema dell’estremismo è sicuramente quello di destra più ancora di quello islamista, di certo esistente. Cui se ne aggiunge anche un altro, il cosiddetto pachiderma nella stanza: mentre il partito laburista si è politicamente mutilato della propria sinistra, adducendo le scuse dell’antisemitismo, il partito conservatore ha dato il benvenuto nelle proprie prime file a energumeni sbavanti islamofobia. Senza tenere conto di come l’annuncio di Gove metta un altro cavallo di battaglia tory, la lotta alla «cancel culture», in serio imbarazzo: cancellando molti dei suoi stessi esponenti che blaterano di cospirazioni di varia natura.

LA TENTATA strumentalizzazione dello sdegno e della rabbia della comunità islamica britannica per una politica nazionale spiaccicata – ormai a denti stretti – sull’ininterrotta rappresaglia ai danni della popolazione civile palestinese di un premier israeliano inviso a gran parte dei suoi stessi connazionali, è valsa (costata) ai Tories di Sunak la vittoria dello scarsamente presentabile George Galloway a Rochdale all’inizio di marzo.

Assieme alla goffa e un po’ sgangherata conferenza stampa davanti a Downing Street immediatamente tenuta dal premier il giorno dopo (simili dichiarazioni preludono di solito all’annuncio di elezioni anticipate), in cui ha lanciato anatemi contro l’estremismo soprattutto islamico, sono servite a riposizionarsi a destra per evitare defezioni come quelle dell’ancor meno presentabile deputato Lee Anderson, ex vicepresidente del partito che è passato al Reform Uk, l’ex-Ukip di Farage che, come fece la Lega Nord, si è aggiornato dal menarla sulla Brexit tradita alla minaccia islamica.